La sicurezza non c'entra | Allarmi, c'è il razzismo - Live Sicilia

La sicurezza non c’entra | Allarmi, c’è il razzismo

Gli episodi ormai sono troppi per fare finta di niente.

Semaforo russo
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4 min di lettura

Basta sollevare delle preoccupazioni, irrilevante se fondate, sull’ondata di razzismo e di xenofobia che sta attraversando l’Italia da nord a sud, magari condita qua e là da nostalgie del Ventennio di infausta memoria, per provare lo sgradevolissimo brivido offerto da vagonate di insulti e offese inimmaginabili, fino alle minacce di morte. Non viene minimamente tollerato il richiamo a principi non negoziabili – quali il rispetto di ogni persona, l’eguaglianza tra gli essere umani e la giusta accoglienza di chi ha bisogno di aiuto – e nemmeno il tentativo di ragionare civilmente sui numerosi casi di violenza fisica e verbale quotidianamente riportati dalla cronaca a motivo del colore della pelle della vittima, della sua appartenenza etnica o condizione di immigrato.

Nella migliore delle ipotesi ti accusano di essere un ipocrita buonista e un radical chic, formuletta autoassolutoria di facile consumo. Ne sa parlare, per esempio, Raffaele Ariano, un ricercatore universitario colpevole di aver denunciato alcune frasi “anti-zingari” pronunciate da una capotreno usando gli altoparlanti di bordo. Si è scatenato sui social un vero inferno di commenti contro, migliaia e migliaia, con espressioni ed epiteti irripetibili. Una carica di odio talmente esagerata da spingere la madre del ricercatore a rivolgersi al Capo dello Stato e che non può sbrigativamente ascriversi alla diffusa e spesso irrazionale richiesta di regole e sicurezza nei confronti del fenomeno migratorio o degli zingari ritenuti ladri in quanto tali – richiesta artatamente alimentata da esponenti del governo nazionale e della maggioranza parlamentare nonostante non esista un’emergenza “invasione migranti” e nonostante il dogma penalistico della responsabilità personale e non per appartenenza etnica vigente nel nostro ordinamento giuridico – ma a forme esplicite di razzismo e di xenofobia che a quanto pare non vedevano l’ora di esplodere in tutta la loro virulenza, ci voleva soltanto il clima favorevole.

Emblematica, cambiando registro, è stata anche la vicenda con protagonista la giovane Agnese Stracquadario che ha fatto rimuovere dai carabinieri una foto di Mussolini, con tanto di citazione, in un bar di Modica in provincia di Ragusa. Un’associazione locale si è dichiarata subito disponibile a fornire al titolare dell’esercizio un avvocato, dichiarando che “l’atteggiamento della studentessa è la cartina di tornasole di una società falsa e perbenista. In un contesto in cui la maggior parte della gente non arriva a fine mese ci si indigna per un’immagine con aforisma appesa al muro e per lo spauracchio del ritorno del fascismo, ormai morto e sepolto da oltre 70 anni”.

A parte il fatto che esporre qualunque cosa simbolicamente legata al fascismo, un regime liberticida e razzista, è vietato dalla legge e che l’episodio in questione c’entra con i problemi di chi non arriva a fine mese come la ricotta salata sulla pasta con le cozze, è meglio non avventurarsi in giudizi circa la morte definitiva del fascismo tant’è vero che nel medesimo periodo a Marsala, per ricordare uno dei numerosi casi sparsi per l’Italia e per l’Europa di rigurgito totalitarista, sono apparse svastiche e proclami neo-fascisti – tipo: “boia chi molla”, notare l’originalità – che suggeriscono di pensarla esattamente al contrario.

Siamo alla tragica burla, adesso l’affermazione dei valori scolpiti nella nostra Costituzione, nata dalla lotta al nazi-fascismo, è “cartina di tornasole di una società falsa e perbenista”. E quanto accaduto a Palermo? “Non vogliamo i Rom, ma non siamo razzisti”, “Le case prima agli italiani”, così troviamo scritto negli striscioni esibiti dai residenti di via Felice Emma dove, a seguito dello smantellamento (finalmente!) del campo-rom della Favorita, saranno trasferite le famiglie da lì provenienti, sostanzialmente palermitane e stanziali da generazioni, in un immobile confiscato alla mafia. La protesta è stata immediatamente cavalcata dalla Lega – ma vedi un po’! – dalla destra e dall’estrema destra al grido: “prima gli italiani! prima i palermitani!” accendendo tensioni e mescolando pericolosamente intolleranza e legittime rivendicazioni.

Se sugli striscioni avessero scritto approfittando della straordinaria mobilitazione degli uffici comunali per preparare il sito in cui abiteranno i rom: “vogliamo uguali diritti perché siamo tutti palermitani”, oppure: “vogliamo la presenza del Comune nel nostro quartiere come in questi giorni”, la protesta sarebbe stata ineccepibile, anzi, condivisibile senza riserve. Invece, scrivere: “Non vogliamo i Rom, ma non siamo razzisti”, occupando illecitamente l’immobile destinato ai rom e lasciandosi manovrare da interessati gruppi politici, svela una storia totalmente diversa, a tratti inquietante. E’ oggettivamente, forse nel profondo dell’animo dei contestatori sobillati da chi ci vuole guadagnare voti a buon prezzo non lo è, xenofobia allo stato puro in un contesto di guerra tra poveri strumentalizzata politicamente in maniera irresponsabile.

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