(di Franco Nuccio – Ansa) C’è un ragazzino di undici anni, che frequenta la scuola dell’obbligo e che ama molto giocare a calcio. Si chiama F. ed è stato concepito grazie all’inseminazione artificiale a causa della restrizione carceraria di suo padre che sta scontando diverse pene, compreso l’ergastolo. La sua storia è stata raccontata dal sostituto procuratore di Palermo, Gaetano Paci, che è anche presidente della Fondazione Legalità “Paolo Borsellino”, a Marsala per la prima tappa di un ciclo di seminari sulla giustizia minorile.
Il Pm ha citato la storia di F. per far capire l’importanza di coinvolgere i minori sottoposti a programmi di rieducazione nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Nel corso del convegno il magistrato ha lanciato l’idea di una proposta legislativa in tal senso, alternativa al percorso carcerario. “Sin da quando era bambino, F. – ha spiegato Paci – ha potuto vedere suo padre, sottoposto al 41 bis, una volta al mese, attraverso uno spesso vetro divisorio e ne ha ascoltato la voce mediante un citofono. Gli unici contatti fisici che ha avuto con suo padre si sono esauriti nell’abbraccio finale dopo il colloquio. F. non ha mai potuto incontrare il nonno, del quale porta il nome e che è morto in carcere, né tutti gli zii paterni, perché anche loro da anni stanno scontando l’ergastolo; per gli stessi motivi non ha mai potuto incontrare l’unico fratello della madre, né tanti zii di questa”.
Da qualche anno F. non può neppure incontrare la madre, che é stata arrestata e condannata a dieci anni di carcere per aver raccolto gli ordini del marito e aver gestito gli affari della famiglia mafiosa. “Oggi F. vive con la nonna paterna e gli zii materni – racconta il magistrato – frequenta la scuola che ha sede su un bene confiscato al nonno, va a giocare a calcio in un impianto sportivo confiscato allo zio e qualche volta frequenta la palestra che si trova in un immobile confiscato ad un cugino dello zio e alla cui titolare ogni mese veniva estorta una somma di denaro con la quale la madre di F. comprava i biglietti aerei per andare a trovare ogni mese il marito”. Per Paci questa storia dimostra come i minori, nati in un certo contesto, rischiano di sviluppare nel tempo una personalità fortemente orientata ad introiettare i valori dell’agire mafioso. “Proprio per questo – conclude – credo che non si debba cedere alla rassegnazione lasciando da solo F. e tutti i ragazzi come lui e che lo Stato e tutta la collettività abbiano il preciso dovere di strapparli ad un destino che l’etica mafiosa concepisce come ineluttabile”.