Lampedusa e i missili libici | La grande paura del 1986 - Live Sicilia

Lampedusa e i missili libici | La grande paura del 1986

"Ci rendemmo conto che eravamo nel pieno di una tensione gravida di conseguenze".

Il racconto
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PALERMO – A Lampedusa ricordano ancora tutto: i due boati in mare, l’immediata evacuazione della base americana Loran che coordinava le comunicazioni nel Mediterraneo, l’agitazione dei militari, la paura degli isolani. Molti lasciarono il paese per trascorrere la notte in campagna. Quel pomeriggio del 15 aprile 1986 Lampedusa si ritrovò all’improvviso su un fronte avanzato dopo l’attacco missilistico libico. Gli echi di guerra arrivarono trent’anni fa nel pieno di una crisi che gli americani avevano fatto esplodere bombardando la residenza di Gheddafi, accusato di appoggiare il terrorismo internazionale. E Gheddafi reagì lanciando per rappresaglia due missili Scud che esplosero al largo senza causare danni.

Forse l’obiettivo era soltanto quello di lanciare un avvertimento. “In quel momento ci rendemmo conto di trovarci nel pieno di una tensione militare gravida di conseguenze”, dice Salvatore Martello, a quel tempo assessore ai lavori pubblici in una giunta di sinistra guidata da un sindaco del Pci, Giovanni Fragapane. I due missili libici arrivarono inattesi. Il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, aveva preso le distanze dal bombardamento ordinato da Reagan. Lo aveva già fatto dopo la crisi di Sigonella. E anche stavolta Craxi aveva ribadito la “contrarietà del governo italiano” al raid americano. Oltre allo “scudo” politico che allontanava il rischio di ritorsioni, c’era anche l’assicurazione del ministro Giovanni Spadolini secondo cui la Libia non aveva armi in grado di minacciare l’Italia. “Forse non si calcolava che Lampedusa fosse già territorio italiano”, commenta Martello.

“In quella occasione si scoprì che l’isola era esposta come obiettivo militare così come ora è il punto di approdo più prossimo del flusso dei migranti”. Lo smarrimento dei lampedusani durò alcuni giorni. La giunta organizzò un corteo pacifista, le scuole furono chiuse, i pescatori non si mossero dal porto, i turisti abbandonarono l’isola subito presidiata dai militari italiani. L’emergenza cominciò a rientrare presto con l’arrivo della bella stagione. “Quell’anno – ricorda Martello – registrammo un boom turistico. Smaltita la paura, la gente veniva per vedere i segni dei missili di Gheddafi”. Le uniche tracce, frammenti degli ordigni, restarono nelle reti di un pescatore. Ma furono subito presi e portati via dagli uomini del servizi segreti italiani.


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