L'arresto della preside antimafia, quando lo Zen è la vittima

L’arresto della preside antimafia, quando lo Zen è la vittima

Un quartiere con tante persone perbene, condannate dal pregiudizio.

(Roberto Puglisi) Lo sguardo, nel cuore dello Zen 2, offre un colpo d’occhio drammaticamente rassicurante. La munnizza è sempre al suo posto. Eccola lì, contro il cielo azzurro di Palermo che, bontà sua, splende gratis anche quaggiù. Eccolo, alla fine di via Learco Guerra, il monumentale cassonetto che si staglia, simbolo e profezia insieme. Troppa rassegnazione? Eppure, bisognerà provare a capirla la gente che vive qui. Sono palermitani, come tutti gli altri, come gli altri divisi tra onesti e disonesti. Però sono al centro di uno stigma che non frequenta distinzioni. Soprattutto in certe altolocate consorterie, pronunciare la parola Zen è come emettere una sentenza di Cassazione. Sentenza di condanna, of course.

Qui, in un breve e recente viaggio, tra le vie che portano il nome di ciclisti, eroi sportivi e principi delle prime radiocronache, abbiamo incontrato soltanto il sudore degli onesti. Eravamo piombati per porre domande, da giornalisti, nel giorno dell’arresto della preside antimafia, e siamo stati accolti con vivace gentilezza. Una ragazza decisa e cortese, all’ingresso del market, si è quasi scusata: “Un po’ di spazio, per piacere, dovremmo scaricare la merce”. Perché lo Zen non è mai come ce lo immaginiamo, quando sbarchiamo lì con l’aria di chi sta cominciando un safari. Ci sono i problemi, ci sono le criticità, provocate dall’esterno, dalla politica che non mette mano al disservizio. Ma lo Zen possiede un cuore bello, per chi ha la fortuna di scoprirlo e mostra intelligenze vive che figurerebbero benissimo ovunque.

Dunque, secondo la cronaca disponibile, un’inchiesta avrebbe scoperchiato un’ennesima falla della nostra friabile antimafia. La preside Daniela Lo Verde, dirigente scolastico alla scuola ‘Falcone’, è stata arrestata con accuse pesantissime. Si sarebbe appropriata di cibo e tablet ed è soprattutto il cibo sottratto alla mensa degli studenti – secondo le accuse – che fa impressione, in un quartiere in cui sopravvivono anime affamate, senza colpa di essere tali. Da quelle parti, la dieta non è quasi mai un atto di libertà.

Così, viviamo una sorta di cortocircuito. Stavolta non sono i cattivi a finire in prima pagina, perché spacciano, perché rubano, perché sparano e ammazzano. Tocca ai buoni o presunti tali. A una dirigente, fino a questo momento molto apprezzata, insignita dal Presidente Mattarella del titolo di Cavaliere della Repubblica. Nel caso specifico, lo Zen sarebbe la vittima, privata di beni materiali e di speranza. Che cosa vuoi sperare se sono i buoni a interpretare la parte dei cattivi?

Cose di Palermo. Cose di antimafia, vecchia e nuova. E cose che lambiscono i pregiudizi inconsapevoli di tutti. Togliamo la munnizza ai palermitani dello Zen, diamogli un lavoro e mettiamoli davvero in relazione con il resto della città, in grado di competere alla pari. E poi vediamo dove arrivano.


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