Anche i condannati per alcuni gravi reati gravi potranno essere chiamati dalla Regione per svolgere attività di consulenza o ricevere altri incarichi. Potrebbe essere questa una delle conseguenze più gravi e paradossali della bocciatura di un emendamento al cosiddetto ddl “blocca nomine”. L’emendamento che prevedeva, appunto, il divieto per la Regione, i Comuni, le Province, ma anche per gli enti locali e le aziende sanitarie, di attribuire incarichi a persone rinviate a giudizio o condannate per una serie di reati, tra cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso, la corruzione in atto d’ufficio, la corruzione in atti giudiziari, l’istigazione alla corruzione.
Ma l’emendamento è stato sepolto dal voto segreto richiesto tra gli altri dal capogruppo del Pid Rudy Maira, da quello dell’Mpa Riccardo Minardo e dal deputato del Pdl Fabio Mancuso. Un voto che ha portato alla bocciatura, con 39 voti contro 32, la norma presentata dai deputati Pd Speziale, Cracolici e Speziale.
E a dire il vero, già prima del voto l’aria non era proprio favorevole. Il deputato Fabio Mancuso, ad esempio, ha sollevato la questione della presenza, nell’emendamento, del divieto soltanto per alcuni reati, e non per altri. “Senza contare il fatto – ha detto Mancuso – che una cosa è il rinvio a giudizio, un’altra è la condanna. Io, ad esempio, anni fa fui rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, ma dopo addirittura otto anni sono stato giudicato innocente perché il fatto non sussisteva”.
Insomma, che l’idea di Speziale non potesse contare esattamente sull’unanimità era evidente. Ma l’affossamento dell’emendamento suona comunque come una decisione impopolare. Ma proprio contro i rischi del populismo, dell’antipolitica fine a se stessa, s’è scagliato il capogruppo del Pid Rudy Maira. “Questa norma – ha detto in Aula – ha solo lo scopo di guadagnarsi qualche pagina di giornale. E magari fare additare chi non è d’accordo come componente di una ‘casta’, specie in questo periodo di grande diffidenza per la politica”. Il problema alla base di quell’emendamento, però, secondo Maira, oltre che “ambientale” era anche di natura giuridica. “Non parlerei – ha aggiunto Maira – di occasione mancata sulla norma blocca-nomine per i rinviati a giudizio o per i condannati. Sull’argomento siamo sensibili e chiediamo che le regole valgano nella stessa misura sia per i nominati che per gli eletti. L’emendamento proposto dal Pd, – ha aggiunto – mi permetto di dire che era palesemente incostituzionale. Non veniva considerato il principio della presunzione di innocenza e perdipiù si esentavano dall’impossibilità di ricoprire incarichi coloro che scelgono i riti alternativi. Come Pid – ha concluso Maira – ci faremo carico di una legge voto da sottoporre al parlamento nazionale poiché tale materia ha pertinenza generale e non può subire forzature su base regionale”.
Urlano allo scandalo, invece, gli esponenti del Pd che hanno presentato l’emendamento. A cominciare dal presidente della commissione antimafia Lillo Speziale: “Era un’occasione per fare del bene alla Sicilia – ha detto Speziale – ed è stata buttata al vento: una brutta pagina per il parlamento regionale. Troppe volte – ha aggiunto Speziale – sono stati nominati in enti pubblici soggetti rinviati a giudizio per reati gravi contro la pubblica amministrazione e purtroppo ci sono esempi di questo tipo anche all’interno del parlamento regionale e nazionale”. Difende l’emendamento anche un altro dei firmatari, il capogruppo Pd Antonello Cracolici: “Credo sia giusto – ha detto – che chiunque riceva un incarico fiduciario da un sindaco, da un presidente della provincia o dal presidente della Regione, sia al di sopra di ogni sospetto chi viene nominato deve avere quei requisiti a garanzia delle istituzioni”. Rammarico per la bocciatura della norma “blocca indagati”, è stato espresso anche da Fli, che “ha votato – ha assicurato il capogruppo Livio Marrocco – a favore dell’emendamento antimafia nel settore delle nomine: quella di oggi è un’occasione persa da parte dell’Ars”.
Un’occasione persa per dare un chiaro segnale “anti-casta”. Ma anche stavolta l’Ars, come avvenne ad esempio per il “caso Catalano”, considerato ineleggibile, ma inizialmente salvato dall’assemblea, s’è affidata al voto segreto. Sempre meglio, in questi tempi di feroce antipolitica, non metterci la faccia.