Dall'Ars no al tetto da 160 mila euro | Bocciata la norma di Crocetta - Live Sicilia

Dall’Ars no al tetto da 160 mila euro | Bocciata la norma di Crocetta

L'articolo 7 della Finanziaria-ter prevedeva l'equiparazione degli stipendi tra dipendenti regionali e quelli del parlamento. Gli uffici della presidenza hanno cassato quella norma perché improponibile. Ed è già scontro tra governo e Assemblea.

PALERMO – Quella norma è improponibile. Per questo motivo, gli Uffici di presidenza dell’Assemblea regionale siciliana l’hanno già cassata dalla Finanziaria-ter di Rosario Crocetta.

La norma in questione è quella che prevede di introdurre anche per gli stipendi dell’Ars un tetto identico a quello dei lavoratori della Regione: cioè 160 mila euro. Ben al di sotto dei 240 mila euro che l’Ars ha fissato, ricalcando il decreto Renzi.

“L’Assemblea equipara, dal 1 agosto 2014, – si legge infatti all’articolo 7 della manovra finanziaria – il trattamento economico del proprio personale ai livelli retributivi dei dipendenti dell’Amministrazione regionale”. E del resto, anche oggi il presidente Crocetta era tornato alla carica: “Ribadisco che è scandaloso – ha detto il governatore – pensare che Regione e Ars possano avere tetti massimi differenti e stipendi diversi per uguali posizioni lavorative. E’ una questione di giustizia, equità ed etica”.

Ma secondo gli uffici dell’Assemblea, molto semplicemente, il governo non ha la competenza per stabilire il trattamento economico dei dipendenti dell’Ars stessa. Una potestà esclusiva del Parlamento, così come sancito dallo Statuto speciale. Ma non solo stipendi. Nella manovra, infatti, sono previste norme che dispongono anche ulteriori tagli al bilancio dell’Ars. Anche su queste, dagli Uffici di presidenza è arrivato un secco no. Gli articoli in questione prevedevano che “a decorrere dall’ 1 luglio 2014 l’Assemblea Regionale Siciliana deve conseguire riduzioni di spesa che, anche con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale, saranno autonomamente deliberate con le modalità previste dal rispettivo ordinamento. Le riduzioni di cui al presente comma non possono comunque, su base annua, essere inferiori a 15 milioni di euro rispetto allo stanziamento iscritto nel bilancio di previsione della Regione per l’anno 2014 relativo alle spese di funzionamento dell’ARS”. Insomma, tagli di 15 milioni per quest’anno. Che sarebbero saliti ulteriormente negli anni successivi.

“A decorrere dal 1 gennaio 2018 – si legge infatti nel comma successivo sempre dell’articolo 7 – le riduzioni di cui al presente articolo non possono comunque, su base annuale, essere inferiori a 25 milioni di euro rispetto allo stanziamento iscritto nel bilancio di previsione della Regione per l’anno 2014 relativo alle le spese di funzionamento dell’Ars”. Ma l’Ars ha detto no. E lo scontro tra Parlamento e governo sembra solo all’inizio.


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