PARTINICO – L’idea era giusta: mettere insieme i comuni e ottenere risparmi da una gestione sinergica della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Poi però l’ iniziativa è diventata un pacchetto prelibato a disposizione della politica e l’ Ato Rifiuti Pa 1, ormai in liquidazione, è stata caricata di incombenze. Il primo seme della rovina era già stato gettato nel 2002 quando il commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Sicilia, l’allora Presidente della Regione Salvatore Cuffaro, anziché istituire una società Ato per ogni provincia, come in Emilia Romagna, ne istituiva ben 27 con relativa moltiplicazione dei costi e dei centri di potere: strutture, consigli d’amministrazione, collegi dei revisori, consulenti ed altro.
L’essere soci, ai sindaci, ha solo dato il vantaggio, inizialmente, di stabilizzare ex precari impegnati nei rispettivi enti locali e di allargare il consenso elettorale attraverso l’assunzione dei 104 lavoratori interinali, indicati, è risaputo, dagli stessi amministratori. Nel tempo, però, questo privilegio acquisito si è trasformato in un boomerang, avendo perso potere contrattuale e ritrovandosi costretti a condividere solo perdite. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il personale non può essere pagato regolarmente, gli automezzi sono fatiscenti perché non ci sono soldi per la manutenzione, la raccolta differenziata è andata avanti a singhiozzo e solo nei piccoli centri, fermo restando che non è mai stato chiaro se i rifiuti selezionati vengano stoccati nelle apposite piattaforme che via via hanno chiuso le porte alla società d’ambito perché morosa, così come le discariche i cui costi di conferimento sono sempre più esorbitanti.
E poi contenzioni, con gli stessi enti soci, con l’Amia che ha pure proceduto ad un decreto ingiuntivo congelando i conti della società. La crisi finanziaria della Servizi Comunali Integrati spa che gestisce la raccolta dei rifiuti in 12 comuni del comprensorio, ormai in liquidazione, non è una novità, meno risapute sono le cifre del dissesto.
Operativa dal 2005 per “assicurare – secondo il dettato dello Statuto – la gestione unitaria ed integrata dei rifiuti secondi criteri di efficienza, efficacia ed economicità”, l’Ato Rifiuti Palermo 1 ha accumulato negli anni milioni di euro di passività. Una montagna di debiti pareggiata solo dai cumuli di rifiuti che ciclicamente si accumulano per le strade a causa del mancato pagamento del servizio di raccolta fornito da dipendenti e lavoratori in affitto che incrociano sempre più spesso le braccia perché lasciati senza stipendio e perché temono per il loro futuro occupazionale.
Non solo gli Ato non hanno prodotto un miglioramento del servizio di gestione dei rifiuti, ma per di più hanno determinato un aggravio dei costi per l’utenza con rincari della tassa sui rifiuti che vanno dal 70 fino al 350 per cento in alcuni Comuni, producendo fra l’altro una mole di debiti. Si è così cominciato ad agire in situazioni di emergenza a discapito dei cittadini e dei Comuni, costretti ad intervenire. L’articolo 21 della L. R. del 19/05 aveva infatti istituito presso l’assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche sociali e delle Autonomie locali un “fondo di rotazione, in favore delle società degli ambiti territoriali ottimali, destinato a garantire la copertura delle spese inerenti la gestione integrata dei rifiuti nei casi di temporanee difficoltà finanziarie”.
La crisi però, anzichè temporanea, è divenuta cronica ed il Fondo di rotazione si è rivelato un salasso per le casse comunali poiché le richieste di accesso da parte delle Società d’Ambito si sono moltiplicate, divenendo sempre più onerose. Un modus vivendi insostenibile per le amministrazioni locali che continuano ad accumulare debiti nei confronti dell’ Ato per svariati milioni di euro. I Comuni in questione, a partire dal 2005, si sono cimentati in una condotta dilatoria, malgrado i ripetuti solleciti, contravvenendo perfino all’accordo sottoscritto dai Sindaci, l’11 aprile del 2011 presso l’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità, in cui veniva preso l’impegno ad effettuare versamenti mensili a copertura della spesa corrente. Una condotta che ha contribuito in maniera sostanziale al determinarsi di situazioni ambientali critiche a cui è sottoposto frequentemente l’intero territorio.
Questa la situazione debitoria dei Comuni nei confronti dell’Ato Palermo 1:
Balestrate 2.497.812; Borgetto 1.854.502; Capaci 4.489.882; Carini 15.195.808; Cinisi 3.699.663; Giardinello 357.856; Isola delle Femmine 5.012.845; Montelepre 2.029.424; Partinico 12.931.516; Terrasini 3.075.502; Torretta 396.740; Trappeto 1.189.558, per un totale di 53.181.027 euro.
Il costo che ogni Comune deve sostenere per la pulizia della città è raddoppiato e, nei grossi centri, come Partinico e Carini, anche quintuplicato, a fronte di un servizio totalmente inefficiente. Il cittadino dunque oltre al danno di bollette aumentate mediamente del 350%, subisce la beffa di amministrazioni comunali condotte verso il disavanzo e costrette a restringere sempre più l’erogazione anche di servizi primari.
Di contro, le cifre suindicate, senza tema di smentita, parlano chiaro circa le difficoltà in cui opera la società d’Ambito che non riesce a rispettare la scadenza dei pagamenti della discarica, la quale ci chiude ripetutamente i cancelli, non può saldare gli impianti per la raccolta differenziata, non può riparare i mezzi dell’ATO PA1 ormai obsoleti e deve ricorrere ai noli, non può acquistare il carburante per quei pochi autoveicoli ancora funzionanti, non può onorare gli stipendi del mese di dicembre del personale e dei lavoratori interinali, nonostante continuino a lavorare con i pochi mezzi e le poche risorse disponibili. Malgrado tutto, in questa disastrosa condizione finanziaria, gli operai – scrivono in una lettera aperta – “hanno sempre dimostrato di sapere riportare alla normalità il territorio in tempi brevi, dimostrando la ferrea volontà e lavorando, spesso, in condizioni difficili senza l’ausilio di attrezzature indispensabili per la loro sicurezza”.
Preoccupati adesso dalla volontà di alcune amministrazioni comunali che intendono assumere provvedimenti autonomi, ricorrendo a ditte private per rimuovere i rifiuti accatastati nelle ultime settimane, gli stessi lavoratori chiedono ai sindaci un maggiore senso di responsabilità, versando le somme dovute alla società per uscire dall’ ennesima emergenza rifiuti.