L'atto d'accusa della Procura catanese|E spunta il nome di un altro deputato - Live Sicilia

L’atto d’accusa della Procura catanese|E spunta il nome di un altro deputato

C'è il nome di un altro deputato nell'inchiesta “Iblis”, quella che all'inizio del mese ha portato in cella Fausto Fagone e messo in imbarazzo il presidente della Regione Raffaele Lombardo. Il nome in questione è quello di Santino Catalano, subentrato all'Ars a Fortunato Romano per decisione della Cassazione a metà luglio e appena pochi giorni dopo citato come indagato nel documento con il quale la procura di Catania ha chiesto l'arresto di Fagone e cinquanta altre persone
Il nuovo numero di "S" in edicola
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C’è il nome di un altro deputato nell’inchiesta “Iblis”, quella che all’inizio del mese ha portato in cella Fausto Fagone e messo in imbarazzo il presidente della Regione Raffaele Lombardo. Il nome in questione è quello di Santino Catalano, subentrato all’Ars a Fortunato Romano per decisione della Cassazione a metà luglio e appena pochi giorni dopo citato come indagato nel documento con il quale la procura di Catania ha chiesto l’arresto di Fagone e cinquanta altre persone: il retroscena emerge dall’ampio servizio di Riccardo Lo Verso, Alfio Sciacca e Andrea Cottone al quale “S”, il magazine che guarda dentro la cronaca, dedica la copertina del numero in edicola.

All’“atto d’accusa”, come recita il titolo di copertina, “S” dedica oltre cinquanta pagine: nel mensile vengono sviscerate le oltre mille pagine della richiesta d’arresto in tutte le sue sfumature. A partire dalle accuse al presidente della Regione: dagli incontri con Raffaele Bevilacqua a quelli con Rosario Di Dio, dai presunti contatti con Enzo Aiello al pestaggio di cui secondo i magistrati sarebbe stato vittima il fratello del governatore, Angelo.

Ma nell’inchiesta non ci sono solo Raffaele Lombardo e suo fratello: fra le pagine del fascicolo dei pubblici ministeri spuntano i nomi di ex assessori come Nino Strano, ma anche quelli di altri tre ex componenti della giunta, Rossana Interlandi, Roberto Di Mauro e Pippo Sorbello, che però non sono indagati. E poi i nomi e gli atti di amministratori locali, dirigenti pubblici, mediatori fra le aziende e la politica, che fanno emergere lo spaccato di una politica gravemente compromessa al di là degli schieramenti, incapace di mettersi al riparo dalle contaminazioni con Cosa nostra.


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