Mafia, il convegno a Palermo: "Le élite puntano sui comitati d'affari"

Mafia, il convegno a Palermo: “Le élite puntano sui comitati d’affari”

Tra i relatori, giornalisti impegnati sul fronte della cronaca, tra cui il nostro Roberto Puglisi
L'INIZIATIVA
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PALERMO – C’è una rappresentazione della mafia in cui prevalgono i cliché, si lascia spazio ai processi mediatici, affiora l’assenza o la carenza del vero giornalismo d’inchiesta. E c’è uno scarto tra la realtà e una sovrastima della criminalità organizzata.

Sono alcune delle riflessioni critiche rivolte, soprattutto dal giurista Giovanni Fiandaca e dallo storico Salvatore Lupo, all’informazione nel corso del convegno di Palermo su “Mafie e antimafia oggi”. Le ragioni, in qualche momento anche autocritiche e vivaci, dell’informazione sono state approfondite da sei giornalisti: Riccardo Arena, Alessandro Barbano, Giovanni Bianconi, Enrico Del Mercato, Felice Cavallaro e Roberto Puglisi.

Giornalisti e cronaca giudiziaria

Sono firme tra le più impegnate, non solo sul fronte della cronaca giudiziaria, in testate nazionali e regionali. Quasi tutti hanno richiamato vicende sulle quali i media si sono confrontati su schieramenti opposti oppure hanno sviluppato una rappresentazione delle mafie privilegiando soprattutto le tesi accusatorie.

Questo può anche restituire l’immagine di un giornalismo appiattito sulle fonti e scarsamente interessato a seguire i casi in tutti i loro passaggi giudiziari (molta attenzione alle prime fasi delle indagini, meno durante i dibattimenti). Il caso più controverso evocato nella tavola rotonda è quello del processo sulla trattativa Stato-mafia.

Gli interventi

Il comportamento dei media, è stato osservato, avrebbe prodotto una narrazione enfatica e non avrebbe colto le criticità dell’impianto processuale poi valutate nella sentenza di assoluzione della Cassazione. Del Mercato ha maturato il convincimento radicale che “in Italia non ci sia mai stato un giornalismo di inchiesta” con alcune significative eccezioni sulle quali poi si sono tutti ritrovati: da Andrea Purgatori con il caso Ustica a Mario Francese con le rivelazioni sugli interessi dei corleonesi per una grande diga in Sicilia.

E qualcuno dal pubblico ha ricordato le inchieste sulla mafia del giornale L’Ora. Nel complesso il giudizio prevalente è che il giornalismo avrebbe potuto rappresentare in modo più reale le storie di mafia e i casi giudiziari. Ma avrebbe dovuto impegnarsi nel capire meglio la complessità dei fenomeni criminali.

“Le élite mafiose investono molto nei comitati di affari che mettono insieme imprenditori, liberi professionisti, esponenti del mondo politico-istituzionale per essere presenti nel mercato legale”.

Questi segni di mutamento delle attività mafiose vengono colti da Gaspare Morosini, presidente del tribunale di Palermo, in molte sentenze su casi del centro-nord italiano.

Il convegno

Morosini, intervenuto al convegno “Mafie e antimafia oggi”, ritiene che le associazioni criminali “svolgono attività economiche, forniscono servizi alle imprese locali, garantiscono prestazioni a prezzi competitivi: sono presenti per esempio nel settore dello smaltimento dei rifiuti, nella produzione manufatturiera, in tante altre attività”.

Tutto questo, secondo Morosini, “pone il problema della risposta di contrasto per fenomeni presenti già da diversi anni sul territorio nazionale. Ora bisogna chiedersi se la normativa anticorruzione sia adeguata in questo momento”. Numerosi i relatori al convegno su mafia e antimafia.


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