L'aumento della Tari? | Scelta incomprensibile - Live Sicilia

L’aumento della Tari? | Scelta incomprensibile

Che cosa c'è dietro la proposta?

Semaforo Russo
di
3 min di lettura

Speravamo di aver letto troppo frettolosamente  l’articolo su Livesicilia di Roberto Immesi “Tari, disallineamenti e strade. Rap batte cassa col Comune”, non era così. Rileggendolo con attenzione nessun dubbio, alla Rap – la partecipata guidata dal neo presidente Giuseppe Norata che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti a Palermo e non solo – si ventila un ritocco al rialzo della Tari (tassa sui rifiuti).

Il ragionamento complessivo sul futuro dell’azienda è ampio, riguarda le strategie della nuova governance (per certi versi interessante e da sostenere) e per approfondirlo rinviamo il lettore all’ottimo report di Immesi, qui ci vogliamo soffermare solo sul possibile aumento della Tari. Un’ipotesi che ci auguriamo rimanga tale, sarebbe un boccone amaro difficilmente digeribile, soprattutto una scelta incomprensibile.

Non per l’ovvia ragione che un aumento delle tasse, di qualunque tassa, è di per sé abbastanza sgradevole in un contesto generale nel quale il cittadino già subisce un’importante pressione fiscale; non per l’ovvia ragione che potrebbe essere chiesto un aumento a fronte di un servizio per diversi motivi, alcuni indipendenti dalla gestione dell’azienda nel passato, indiscutibilmente scadente; neanche, infine, per l’ulteriore ovvia ragione che non puoi chiedere di pagare di più sempre agli stessi contribuenti quando una parte degli obbligati – per fortuna di meno per l’attività di contrasto portata avanti dal Comune e al netto di singoli e famiglie in forti e reali difficoltà economiche – evade in maniera sfacciata.

No, la ragione, potrà stupire, è un’altra, oltre alla mancanza di sufficiente chiarezza sui bilanci e sulle prospettive, ed è la necessaria coerenza dell’azione amministrativa con uno dei cardini del diritto amministrativo: il principio di logicità. Cerchiamo di spiegare. A Palermo non è vero che si paga la Tari più alta d’Italia – un ritornello ricorrente tra i palermitani in un’epoca in cui il pensiero si è ritirato per fare spazio a slogan pronunciati a pappagallo – neanche per sogno, Palermo è una delle città in cui l’importo da sborsare è al di sotto della media, anzi, la Tari nel capoluogo siciliano si è contratta progressivamente di circa il 10%; in ultimo, da marzo di quest’anno, del 4% a favore delle aziende.

Ma è proprio questo il punto, cosa c’è dietro la determinazione di ridurre la Tari quando all’inizio e alla fine della manovra la munnizza resta per strada? C’è sostanza, consapevolezza piena sui numeri o ricerca del consenso immediato salvo, poi, fare per forza marcia indietro? E l’aumento sussurrato? I conti erano a posto, tanto da ridurre, e improvvisamente non lo sono più? Oppure? E’ evidente che il “poco” o “molto” in questo settore è parecchio relativo. Cento euro annuali magari a rate, è un esempio, sono pochissimi se ho una città linda dal centro alle periferie, sono una montagna, pure a rate, se sono costretto ugualmente a fare slalom tra immondizia e topi festanti.

Attenzione, abbiamo scritto tanto sulle responsabilità del palermitano in proposito (in ultimo: “Sporcacciona e ‘furba’. Palermo incivilissima”), però è anche vero che il servizio non ha funzionato con una Rap costantemente alle prese con problemi economico-finanziari e strutturali, a cominciare dai famigerati “disallineamenti” (sostanzialmente crediti vantati dalla Rap non riconosciuti dal Comune su cui non si riesce a capire fino in fondo la verità).

Perché, allora, la Tari è stata nel tempo ridotta? E ora, che garanzie avrebbe il cittadino pagando di più di avere, finalmente, un ambiente pulito e salubre? Chi lo rassicura sul fatto che sarebbe un sacrificio ampiamente ricompensato da una soluzione definitiva dell’emergenza rifiuti? Cosa impossibile, del resto, se non si risolve a monte il conflittuale rapporto finanziario, perché così appare, tra Rap e Comune.

 

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