CATANIA – Ogni giorno assistono anziani e disabili, un lavoro di cura prezioso e indispensabile. Un lavoro che continuano a svolgere con meticolosità pur non percependo un quattrino da sette mesi. Sono i lavoratori socio assistenziali di Catania, da giorni in presidio permanente, notte e giorno, in Piazza Università.
Eppure il Comune continua dare rispose insufficienti. Ma loro restano lì a raccontare, a raccontarsi. Alcuni di loro preferiscono non fornire generalità. Bastano invece le loro età per capire la portata del dramma umano e sociale che si sta consumando. “Io ho cinquantasette anni” dice una signora, un’altra “io ne ho cinquantacinque”. Un uomo con i capelli brizzolati (visibilmente stanco) fa un gesto con la mano, di anni ne ha cinquantadue. “Non veniamo pagati da sette mesi: siamo tutti disperati”. Oltre al danno, la beffa. “Non abbiamo neanche i soldi per mettere la benzina e recarci sul posto di lavoro”.
L’uomo brizzolato aggiunge: “ E’ un grosso problema soprattutto per chi si deve muovere in macchina. La benzina costa cara. Con i mezzi ci vogliono almeno due euro al giorno ma spesso siamo costretti a prendere l’auto per garantire la nostra puntualità”. Già il lavoro, ma anche tutto il resto: l’affitto, le bollette, le rate. La proposta di una mensilità, avanzata dalla giunta, è di fatto quasi irrisoria. “Io devo pagare due finanziamenti non me ne faccio niente di una mensilità e sta arrivando il terzo a novembre. Come si fa?”. Molti di loro non possono neanche chiedere un aiuto a familiari e amici perché avanzano crediti. Una signora parla della sua famiglia: “Io ho due figli disoccupati a casa, non lavorano. Mio marito è in pensione”.
C’è pure chi è monoreddito. “Mio marito è disoccupato e ho uno figlio che è andato a cercare lavoro a Milano ma con scarsi risultati, sono io che dovrei mantenere la famiglia. Impossibile in questa condizione”. Una signora quasi si commuove quando mostra agli altri una bolletta che conserva in borsa e che difficilmente riuscirà a pagare. Quando qualcuno denuncia, tutti gli altri annuisco: le storie sono storie collettive. “Siamo messi male, anzi malissimo. Con una mensilità non concludiamo nulla, siamo qui ad oltranza”. Sono tutti d’accordo.