CATANIA – Obiettivo 1.500 euro netti al mese, 75 euro per ogni gettone di presenza con il dono dell’ubiquità e “l’ossessione” di guadagnare, fare soldi, sulle spalle della gente, senza produrre risultati. Presenti contemporaneamente in due posti diversi, stipendiati dal Comune e, adesso, imputati di falso, truffa e abuso d’ufficio. In totale 51 imputati tra consiglieri, assessori e funzionari per falso, truffa e abuso d’ufficio. TUTTI I NOMI
Il Gip ha fatto una scrematura eliminando tutti i consiglieri che risultavano presenti contemporaneamente per 5 – 7 minuti in due commissioni, ritenendo raggiunti gli elementi per sostenere l’accusa in giudizio a carico di tutti e 51 gli imputati. Molti di loro, però, sono noti per l’attivismo e per le iniziative concrete portate avanti, cercheremo di approfondire ogni singola posizione ma, al momento, le parole dei giudici sono durissime. Per tutti.
“TURBINIO PARTECIPATIVO” – I Gip parla di un vero e proprio “turbinio partecipativo dei consiglieri”, che “li portava a un’affannosa corsa contro il tempo al fine di accumulare quante più presenze possibile, anche non veritiere, proprio nell’ottica di raggiungere il fatidico numero necessario al percepimento del peculio mensile nella massima estensione prevista di circa 1.500 euro netti…le indagini della polizia consegnano al lettore un desolante quadro di illegalità diffusa all’interno del quale i consiglieri e gli impiegati interessati si muovevano con totale disprezzo dei principi che regolano la materia, in un’ottica clientelare illecita e ai limiti dell’arroganza”.
I comportamenti dei consiglieri sarebbero stati possibili soltanto grazie a “una sorta di paludosa piattaforma amministrativa dove tutto era permesso e gli illeciti comportamenti sembrano costituire un normale incedere automatico nell’interesse non della cosa pubblica, bensì dei singoli consiglieri indagati”.
Per fare un esempio, i “fogli di firma”, erano “inservibili o non esistevano, o, se adottati, si rivelano incompleti, poco attendibili e persino sospettabili di alterazioni” Dopo che il movimento 5 stelle solleva il caso, numerosi consiglieri si avventurano “nel tentativo goffo di adeguare gli orari del foglio firma alla rivelazione degli orari nei verbali, con risultati a dir poco di totale inaffidabilità e a comprova della mala fede palesata dagli inquisiti”.
I funzionari sono accusati di aver attestato “falsamente la presenza dei consiglieri comunali indagati alle sedute incriminate”. Una vera e propria “banda”. I segretari delle sedute delle commissioni permanenti erano “direttamente collegati ai suddetti consiglieri, che li sceglievano proprio per andare a espletare il lavoro certificatorio in questione”.
Non sono ipotesi, i giudici si dicono certi di aver “accertato documentalmente” le false presenze.
La polizia accerta che contemporaneamente alcuni consiglieri risultano presenti in due diverse riunioni di commissione “spesso in luoghi distanti tra loro”.
Innanzitutto, la legge prevede che il gettone di presenza deve essere affidato “per l’effettiva partecipazione a consigli e commissioni”, al contrario, molti di loro avrebbero privilegiato “l’aspetto remunerativo – si legge nell’ordinanza del Gip – della partecipazione alle sedute delle Commissioni consiliari permanenti”. E ancora: “Dagli atti processuali si rileva chiaramente il perseguimento quasi ossessivo, solamente, o comunque prevalentemente, da parte di molti consiglieri, di un forte e preponderante interesse economico personale, al fine di raggiungere, in un modo o nell’altro, un determinato budget di presenze, utile a pervenire alla concretizzazione di un numero di partecipazioni tali da assicurarsi, nella misura massima, un sostanzioso peculio mensile, spesso incuranti dei reali risultati che ogni Commissione producesse”.