"Le comunità per minori sono lo specchio delle fragilità degli adulti"

“Le comunità per minori sono lo specchio delle fragilità degli adulti”

Costellazioni di cura: la conferenza su infanzia e adolescenza
TERZO SETTORE
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CATANIA – L’occasione per ascoltare testimonianze dirette, per confrontarsi e per imparare nuovi approcci a problemi sempre più complessi. È stata tutto questo “Costellazioni di cura”, la conferenza organizzata a Catania dal Coordinamento nazionale delle comunità per minorenni (CNCM). La prossima, è stato annunciato oggi, si svolgerà il 23 e 24 ottobre 2025 a Venezia.

L’appuntamento si è svolto tra Palazzo della Cultura e Palazzo Biscari, il 23 e il 24 maggio 2024. Il titolo nasce da una suggestione: che la cura di un minore o di una minore sia un insieme di attività, molte delle quali legate all’ascolto. Una costellazione, appunto, fatta di gesti più che di parole, di movimenti tutti collegati tra loro che, insieme, costituiscono la bussola di educatori ed educatrici.

«Il cammino che tutti noi stiamo facendo è questo: cercare di individuare gli interventi che ci permettono di curare meglio tutti i minorenni che noi accogliamo», spiega Gianni Fulvi, presidente del CNCM. «La cosa principale che è emersa nelle relazioni di importanti pedagogisti e degli specialisti che sono intervenuti (psicologi, psichiatri, neuropsichiatri) è che va data più importanza all’aspetto pedagogico della crescita di ragazzi e ragazze. L’educatore deve agire nel quotidiano, ma conoscere i meccanismi di funzionamento neurologici, psicologici o psichiatrici lo dovrebbe aiutare a definire meglio l’intervento educativo e non incappare negli errori».

Nelle comunità per minori vivono giovani, in qualche caso giovanissimi, che vivono al di fuori delle loro famiglie di origine. Sono persone che, spesso, vengono da situazioni di disagio di varia natura e che hanno bisogno di cura, accoglienza, rassicurazione e protezione. Oltre che di accesso a percorsi educativi che tengano conto della loro condizione di partenza.

«Una delle ragazze che abbiamo sentito e che viene da percorsi in comunità ha detto una cosa che mi ha molto colpito – prosegue Fulvi – E cioè: nascere in una famiglia disfunzionale è il destino. Finire in una comunità disfunzionale no. Questo è un punto: dobbiamo garantire a tutti i minori un sistema che funzioni al meglio per loro. Se sono arrabbiati, possiamo lavorare sulla gestione della rabbia. Ma dobbiamo anche chiederci: perché la provano? Un ragazzo che arriva in una nostra comunità perché dovrebbe fidarsi di noi? Il nostro lavoro deve essere lento, costante e, spesso, anche silenzioso».

«Come educatori dobbiamo sempre di più implementare le nostre competenze. Dobbiamo sapere come decifrare determinati comportamenti e molte azioni, per esempio quelle compulsive, esplosive o autolesionistiche. E dobbiamo integrarci con il lavoro degli specialisti», interviene Paolo Carli, vicepresidente del Coordinamento.

«È cambiata la società, sono cambiati i punti saldi: è una società in cui il proprio benessere conta sempre di più rispetto al benessere della collettività e questo si riflette sulla perdita di riferimenti – aggiunge Carli – Per esempio la scuola, come istituzione, viene meno rispettata rispetto a venti o trent’anni fa. Ma potremmo dire, più genericamente, che si è indebolito l’habitat educativo in cui prima ragazzi e ragazze riscontravano che gli adulti parlavano, tutti, un linguaggio univoco».

«C’è una maggiore fragilità degli adulti – commenta Fulvi – E, in più, i servizi sono venuti meno, le risposte dai territori sono scomparse. Quando abbiamo iniziato a costituire le comunità per i minori, quarant’anni fa, pensavamo di dovere offrire solo una casa, perché tutto il resto lo avremmo trovato sul territorio. Invece il territorio si è impoverito, e noi ci siamo trovati sempre più a dovere offrire delle risposte: non più solo l’accoglienza, ma anche la formazione e l’inserimento lavorativo».

La prossima conferenza nazionale del Coordinamento nazionale delle comunità per minori si terrà a Venezia, il 23 e 24 ottobre 2025. Si parlerà della cura di chi si deve prendere cura: «Non solo gli educatori, ma anche gli assistenti sociali, gli psicologi, gli psichiatri, le famiglie, i genitori – annuncia Gianni Fulvi – Le comunità sono chiamate a occuparsene».


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