Rosy Bindi contro Caruso: | "Delegittima il sistema" - Live Sicilia

Rosy Bindi contro Caruso: | “Delegittima il sistema”

La Commissione Antimafia a Palermo

La conferenza stampa della Commissione Antimafia a Palermo. Il vice presidente Claudio Fava definisce "bizzarro" il comportamento del direttore dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati.

Beni confiscati
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PALERMONel braccio di ferro con il prefetto Giuseppe Caruso, in tema di beni confiscati alla mafia, la magistratura ha avuto la meglio. Con la “certificazione” della politica. Ecco l’istantanea che si può scattare al termine della due giorni di visita a Palermo della Commissione nazionale antimafia.

La situazione è cristallizzata bene nelle parole del vice presidente, Claudio Fava, che definisce “bizzarro” il comportamento del direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Bizzarra sarebbe stata soprattutto la tempistica delle dichiarazioni di Caruso che alcuni giorni fa aveva puntato il dito contro la “gestione ad uso privato” dei beni da parte di alcuni amministratori giudiziari. Perché la sua denuncia, si chiede Fava, è arrivata quando ormai il mandato del prefetto era in scadenza? Perché, visto che ne aveva i poteri, non è intervenuto prima? Parole, quelle di Fava, precedute dalle dichiarazioni del presidente Rosi Bindi. Anche lei non è tenera con Caruso: “Gli abbiamo chiesto spiegazioni sulle sue affermazioni arrivate a fine mandato. Sono affermazioni che possono delegittimare un intero sistema. Da Caruso non abbiamo avuto, però, risposte esaurienti”. Ed ancora: “Non abbiamo dati che possano inficiare condotte delle singole persone, precisando però che alcuni aspetti di legge, come quelli delle professionalità degli amministratori giudiziari, vadano modificati. La delegittimazione sommaria dei poteri pubblici non serve a nulla ma aumenta il consenso delle mafie”. Resta, comunque, l’impegno “quando le troveremo di denunciare le responsabilità”.

Si conclude, dunque, la visita della Commissione a Palermo. Una due giorni per fare il punto sui beni confiscati e più in generale sulla lotta alla mafia. Una mafia che la Bindi, senza esitazione alcuna, considera, sulla base dei dati raccolti da magistrati e forze dell’ordine, “ancora forte e pericolosa per la sua capacità di mutare e adeguarsi alle situazioni storiche del momento come la crisi e la globalizzazione”. Di certo, secondo la Bindi, le norme vanno cambiate. A cominciare dall’istituzione di un albo degli amministratori giudiziari (“E’ impossibile che ancora non esista”), dall’esigenza di coinvolgere figure professionali specializzate (“Non bastano un avvocato e un commercialista per gestire un bene mafioso”), e dalla necessità di rivedere le norme (“La legge va cambiata, ma questo è un compito che deve assumersi il Parlamento”). Di una cosa, però, i membri della Commissione non vogliono sentire parlare. “Nonostante i limiti che presenta l’ordinamento – tagliano corto – non si può parlare di fallimento del sistema che tanti risultati ha dato. Il nostro sistema di sequestro, confisca e gestione dei beni mafiosi vi viene invidiato a livello europeo”.

Di problemi sul piatto ne restano tanti da affrontare. A cominciare dalla difficoltà per le aziende che passato allo Stato di misurarsi nel. La difficoltà di accedere al credito e l’esigenza di regolarizzare gli operai che prima lavoravano in nero sono spesso scogli insuperabili. Un’impresa che passa sotto l’ombrello della legalità si scontra con la dura realtà di un mercato che favorisce chi opera nella scarsa trasparenza. A proposito del credito, la Bindi annuncia il prossimo impegno della Commissione e cioè la convocazione dei rappresentanti dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana: “Penso alle ipoteche sui beni, c’è una responsabilità enorme – dice il presidente – da parte del sistema bancario”. Il lavoro, dunque, è solo all’inizio perché, conclude la Bindi, “se la mafia c’è, c’è qualcuno che la aiuta”.

 

 

 


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