Le manutenzioni, i telefoni e gli affari di Cosa Nostra a Catania

Le manutenzioni, i telefoni e gli affari di Cosa Nostra a Catania

Le rivelazioni del pentito Turi Manicomio
L'INDAGINE
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CATANIA – Un affare apparentemente pulito, il lavoro di imprese che si occupano di installazione e manutenzione per impianti telefonici, sarebbe finito nella mani del clan Pillera. A raccontarlo è stato un pentito di mafia. Ha parlato Salvatore Messina, detto “Turi Manicomio”, secondo cui il clan Pillera, in questo business, ci aveva messo pure la firma.

Una delle imprese, addirittura, con il senso dell’ironico sfregio agli inquirenti tipico di certi ambienti mafiosi, era stata persino chiamata “T.C. impianti”. T.C., appunto, laddove T sta per Turi, e C sta per “cachiti”, soprannome del boss mafioso Salvatore Pillera.

L’operazione Filo Conduttore

Sono alcuni dei retroscena rivelati dall’operazione Filo Conduttore, condotta dalla Guardia di Finanza di Catania e che ha portato a 10 arresti, qualche giorno fa, su ordinanza del Gip di Catania Simona Ragazzi, tra carcere e domiciliari.

Il sistema è andato a gambe all’aria però grazie all’azione dell’amministratore giudiziario della Catania Impianti srls,  che ha segnalato agli investigatori come stavano andando le cose. La ditta in gestione straordinaria, all’improvviso, stava perdendo tutto il fatturato.

Gli asset “negati”

E questo perché la società committente avrebbe deciso di togliere asset dei contratti già in campo alla Catania Impianti. E il tutto a vantaggio di tre imprese riconducibili, in qualche modo, ad alcuni indagati che allora erano sotto processo per bancarotta, ovvero Antonino Zingale, Silvestro Zingale e Antonio Alfio Messina.

Tutti e tre ora sono finiti in carcere assieme all’amministratore di fatto e socio unico di quelle società subentrate, ovvero Santo Finocchiaro della AF Impianti srl.

I vincoli di sangue e l’impresa “collusa”

Le imprese, ha raccontato Turi Manicomio – e il punto viene ripreso, in sintesi, nell’ordinanza – sarebbero “riconducibili a persone legate da vincoli di sangue e di solidarietà criminale al clan mafioso e hanno immesso nei relativi capitali proventi di delitti riconducibili al clan alla stregua di strumenti di riciclaggio”.

E avrebbero “operato con le modalità di soddisfacimento degli interessi proprie delle organizzazioni mafiose”. Un’altra ditta, in pratica, avrebbe distratto i lavori, passandoli dalla Catania Impianti srls a nuove società.

A gestire queste società, in qualche modo, sarebbero stati sempre loro. E in questo modo, l’appaltante avrebbe “operato nel tempo secondo il tipico schema della “impresa collusa”, la quale, in cambio di erogazioni in denaro, assunzioni di comodo e assicurazione di commesse esclusive alle imprese di pertinenza del gruppo mafioso”.


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