"Le mie frasi choc sulla mafia?| Senza, non sarei stato ascoltato" - Live Sicilia

“Le mie frasi choc sulla mafia?| Senza, non sarei stato ascoltato”

Il titolare del pub Antiruggine, Giovanni D'Alia

Giovanni D'Alia, titolare dell'Antiruggine pub in pieno centro, a poche ore dalla chiusura del locale per cinque giorni commenta: "Potrei essere la prossima vittima della burocrazia. Ci portano all'esasperazione, ecco perché ho scritto quelle parole".

Palermo - il caso
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PALERMO – “Chiedo scusa a tutte le vittime della mafia se si sono sentite offese dalle mie parole, non volevo comunicare un messaggio violento. Ma se avessi scritto “abbasso la mafia”, non mi avrebbe ascoltato nessuno”. Esordisce così Giovanni D’Alia, titolare del pub “Antiruggine” di piazzetta Bagnasco, finito nell’occhio del ciclone per le frasi choc apparse sul suo profilo Facebook pochi giorni fa. Parole forti, che sono rimbalzate da un social network ad un altro, “ma soltanto provocatorie, frutto di uno sfogo”, dice l’esercente a cui stamattina è stato chiuso il locale che si trova nel cuore della città.

Le frasi “W la mafia, è più coerente e almeno non indossa la divisa. Sono disposto a pagare il pizzo”, erano state scritte lo stesso giorno in cui il commerciante aveva ricevuto l’ordine di chiusura del suo pub. Il risultato di due controlli avvenuti nel giro di poche ore a maggio. “Due ispezioni che mi hanno gettato nello sconforto – spiega a LiveSicilia Giovanni D’Alia – anzitutto per l’atteggiamento adottato nei miei confronti. Il primo giorno, era il 15 maggio, si sono presentati degli agenti del Nopa e non era stata riscontrata alcuna irregolarità.

“Sono sicuro che quel controllo è stato chiesto dai residenti della zona, ma alla fine il titolare di un locale è consapevole di quello a cui va incontro e non mi sono preoccupato più di tanto. Dopo 24 ore una seconda ispezione. Dico agli agenti che il controllo era stato effettuato il giorno prima, mi dicono di non esserne al corrente e di far vedere loro tutta la documentazione in mio possesso. Ho mostrato la concessione ricevuta dal Comune il 4 febbraio e tutto il resto, ma dal loro tono era chiaro avessero dei pregiudizi. Mi guardavano come se fossi un abusivo della Vucciria, si rivolgevano a me come fossi un delinquente. Il clou è stato raggiunto quando ho visto che uno di loro stava misurando lo spazio occupato dai tavolini con i passi. Una misurazione approssimativa che, insieme ad un verbale di alcuni mesi fa, mi ha portato alla chiusura di cinque giorni”.

D’Alia ha così presentato ricorso, ha anche scritto una lettera al sindaco. Sperava in un rinvio della chiusura, almeno di venti giorni. “Non dico che non avrei voluto rispettare il provvedimento, ma sicuramente chiudere a luglio avrebbe provocato conseguenze economiche meno gravi per me. Qui ci sono impiegati e spese da sostenere, abbassare la saracinesca durante un week end di giugno è gravissimo. Potrei essere l’ennesima vittima di una burocrazia che non funziona – dice – sono già tanti gli imprenditori che fanno scelte estreme perché non riescono a convivere con questo sistema che uccide l’economia. Ed è proprio questa esasperazione che mi ha portato a scrivere quel post su Facebook, che ho utilizzato come valvola di sfogo. Io non ho mai pagato il pizzo e sono contro la mafia, la mia è stata una provocazione voluta, avevo bisogno di gente che mi ascoltasse, di persone che vivono come me e subiscono questo genere di vessazioni. Fare imprenditoria a Palermo è diventato impossibile, così come lavorare onestamente. Qui in centro siamo bersagliati – conclude D’Alia – nonostante ci siano zone franche, in cui tutto è lecito”.


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