Le motivazioni della sentenza Mori | "Borsellino non fu ucciso per la trattativa" - Live Sicilia

Le motivazioni della sentenza Mori | “Borsellino non fu ucciso per la trattativa”

"Resta senza riscontro la eventualità che Paolo Borsellino abbia in qualche modo manifestato la sua opposizione ad una trattativa in corso fra esponenti delle istituzioni statali e associati a Cosa Nostra".

PALERMO – “Resta senza riscontro la eventualità che Paolo Borsellino abbia in qualche modo manifestato la sua opposizione ad una trattativa in corso fra esponenti delle Istituzioni statali e associati a Cosa Nostra”. Lo scrivono i giudici palermitani nelle motivazioni della sentenza che a luglio ha assolto i militari dell’Arma Mario Mori e Mauro Obinu dall’accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia.

Per il collegio non ci sarebbero le prove che il magistrato, come ha sostenuto la Procura, sia stato ucciso perché aveva scoperto che pezzi delle istituzioni, attraverso i carabinieri del Ros, avevano iniziato un dialogo prima con il boss Toto’ Riina, poi con Bernardo Provenzano, attraverso l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. “Da ultimo, si deve rilevare che alcuni dati sembrano indicare che la strage di via D’Amelio – scrivono – fosse già programmata da tempo e non sia stata frutto di una decisione estemporanea, dettata da contingenze del momento”.

Per i giudici, inoltre, Massimo Ciancimino è un “soggetto incline alle chiacchiere e alle vanterie” e di “attendibilità precaria”: così bollano il superteste della trattativa Stato-mafia i magistrati della quarta sezione del tribunale di Palermo. Ciancimino era teste dell’accusa anche nel processo ai due militari e ha raccontato degli incontri tra il padre, Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, e Mori e Obinu. Incontri finalizzati, per la Procura, a instaurare una trattativa tra lo Stato e la mafia. I giudici sottolineano le innumerevoli contraddizioni della testimonianza di Ciancimino jr e valutano con molta cautela i documenti da lui consegnati ai pm. Nella sentenza si dice che “la inclinazione di Ciancimino ad operare sugli scritti dati ai pm realizzando fotocopie parziali o veri e propri collage risulta incontrovertibilmente da alcuni documenti acquisiti e perfino da alcune, esplicite ammissioni del predetto”. Nella sentenza i giudici hanno trasmesso gli atti alla procura perché valuti se procedere per falsa testimonianza a carico del teste.


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