Una lettera trovata sugli scogli| “U piombo abbrucia… vattinni”

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16 Dicembre 2018, 17:24

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PALERMO – Aprile 2016. Una Fiat 500 giunge a Terrasini. A bordo c’è Salvatore Troia, considerato uomo d’onore di Villabate e arrestato nel blitz dei carabinieri che ha stoppato la riorganizzazione di Cosa nostra.

“Portati la macchina… ti vai a fare un giro… gli ho detto io… alle due… due e mezza”, spiega Troia al suo autista, Gioacchino Schifaudo, fermi sul lungomare che prende il nome da Peppino Impastato. Schifaudo ha l’incarico di prelevare Antonino Messicati Vitale, che allora era ancora un uomo libero. Sarebbe stato arrestato un anno dopo per scontare una condanna a 12 anni.

Messicati Vitale i divieto di dimora a Palermo e ha scelto di trasferirsi a Terrasini. Località Cala Rossa. “Andiamo… questa è la macchina sua è, di sua figlia… io per caso così… perché la strada c’è… lui mi ha detto vattene Gioacchino”, dice Schifaudo mente invita il boss di Villabate a salire in auto.

Messicati Vitale e Troia si appartano sulle rocce a strapiombo sul mare. I carabinieri sono appostati. Quando finisce il faccia a faccia i militari raggiungono il punto dell’incontro. Trovano 102 piccoli pezzi di carta di colore bianco e 16 di una busta gialla. Ricompongono i frammenti strappati.

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È una lettera: “Mi non ti abbasto u carceri vo cumannari adesso? U piombo abbrucia ci pianzi a to patri nello ottantadue quannu u vulevanu ammazzari? Scappo a casa e unnisciu chiu, o su cumpagnu ammazzaru sopra il balcone, miscinu povero mandala. Tu voi fari a fini con non fici to patri? Vattinni di nuovo in francia, ti stiamo avvisando, qua fai fetuuuu. Ricci e to cumpagni ca non si miscanu… Ti ricordi i pizzini di papa Bennardu ce sempre lui stai attento tu e to cumpagni”. Troia è stato minacciato ed è corso a parlarne con Messicati Vitale.

Ci sono dei riferimenti chiari. Il padre di Salvatore Troia, Gaspare, oggi deceduto, era amico di Giuseppe Caruso, assassinato nel 1981. Subito dopo il delitto Troia senior si era allontanato per paura di subire la stessa sorte. A Villabate circolò la voce, non riscontrata, che fosse stato ferito davanti alla propria abitazione. Il Mandalà a cui fa riferimento la lettera è Pietro Mandalà, ucciso nel 1986, mentre si trovava affacciato al balcone di casa.

I carabinieri hanno ricostruito che il comportamento di Troia aveva creato malumori a Viillabate. “Voleva comandare”, ha detto il pentito Salvatore Sollima, ed era entrato in rotta di collisione con il nuovo capomafia, Francesco Colletti. Alla fine Troia fu costretto a fare un passo indietro.

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16 Dicembre 2018, 17:24

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