Lo stato confusionale di Provenzano| Quando il boss perse la lucidità - Live Sicilia

Lo stato confusionale di Provenzano| Quando il boss perse la lucidità

Una recente foto di Bernardo Provenzano

Le lettere del superboss. Il dibattito fu aspro: simulazione o malattia? GUARDA LE FOTO

PALERMO – Pensieri sconclusionati, frasi incomplete, una sorta di balbettio scritto che lo porta a ripetere più volte una parola, uno stato confusionale che si manifestava nel non sapere dove e perché fosse detenuto. Le lettere che Bernardo Provenzano scriveva ai suoi familiari sarebbero state la prova che il padrino corleonese negli ultimi tempi era gravemente malato. “Delle due l’una: o siamo di fronte a un grande simulatore oppure a un uomo gravemente malato e dissociato dalla realtà”, diceva i legale di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, che ha condotto una inutile battaglia per ottenere un regime carcerario meno afflittivo. Erano i giorni in cui gli esami diagnostici avevano evidenziato delle lacune cerebrali dovute a un’ischemia. Una patologia che si aggiungeva al tumore alla prostata confermato dalle perizie.

A fare suonare il primo campanello d’allarme sulle condizioni di salute di Provenzano era stata una lettera del 5 marzo 2001. Al di là dei limiti grammaticali di una persona non scolarizzata, i ragionamenti erano lineari. Il boss spiegava alla moglie di essere stato sottoposto ad alcune visite mediche. In alcuni passaggi, però, si leggevano parole ripetute senza una logica: “Amore mio carissimo. E figli Angelo e Paolo con gioia ho ricevuto la vostra lettera… amore mio carissimo non ricopio a tutto quello che mi chiedi spero spero spero con il tempo di spiegarti… amore mio mi dice se sò cosa anno scritto nel diario diario non l’ho letto ma tu mi che ho avuto una eschemia, non so cosa sia…”.

L’11 maggio Provenzano riprendeva carta e penna. Il destinatario era ancora la moglie: “Oggi mercoledì 11 maggio. Amore mio ho ricevuto la tua lettera. Amore mio grazie delle notizie che al ritorno che avete avuto un buon viaggio. Amore mio mi dici che ero troppo sofferente e ne se addoloratissima. Che cosa mi hanno fatto, se c’erano i dottori che mi hanno visitato, se mi hanno cambiato le medicine Non lo so Amore mio vuoi sapere che sto Amore mio sento stanco…”. A un certo punto il ragionamento si interrompeva e riprendeva con una datazione diversa: “02-05-2001 tuo marito che ti pensa Amore mio e figli Angelo e paolo carissimi smetto con la penna non con il cuore… – chi scrive perde lucidità – che smetto con la presente e ne ricevo un’altra ricevuta ieri giovedì di paolo, che con il volere di Dio iniziare quella che ho ricevuto dopo da paolo e scritto te amore mio. Ora con piacere a rispondere in quella lunga tua – e lascia il periodo tronco – Con quello che mi succede nel rispondere con affetto segue i seguito…”.

Il 23 maggio Provenzano sceglieva un telegramma per comunicare con il fratello Salvatore. “Mio caro fratello e Figlio come state padre e figli si unanomia si incoraggia essendo due. Io vi chedo scusa, e cioè mi prometto di scrivervi e sorte no veglio chiare vi sforzano a emesso senza scrivere e il mio pensiero s sforza e si vede la mia vecchiaia e aspetta oggi aspetta domani ho ensato di scriverti ora smetto con la penna non con il cuore augurandovi un mondo di bene per tutti vi benedica il signore che vi protegge vi benedica il signore vi protegge”.

Il 9 giugno 2001 Provenzano sembrava smarrito: “Ma io sono qui da solo non so dove sono sono. Oggi c’è la videconferenza non ci vado per scrivere e voi potete parlare con l’avvocato dicci la nostra posizione ed chiedere per ottenere colloqui tra noi i mia moglie e i mie figli Angelo paolo e mamma con lo sta bene con l’avvocato perché io sono forse più malato di quello che vi dico”. Poi, fornisce il suo indirizzo ai parenti come se mai prima d’ora non avesse ricevuto le loro lettere: “Ripeto se potete parlati parlare con l’avvocato della mia posizione vi do il mio indirizzo: Sono in via Burla numero n.53.L3:100 Parma. Con questo mi potete scrivere mi potete venire attrovare ce possiamo parlare di presenza oppure uno scritto dopo che avete parlato con l’avvocato così cerchiamo la serenità che ci manca a tutti…”.

Sempre a giugno Provenzano scriveva di nuovo. Forse era una risposta alla moglie e ai figli che gli chiedevano cosa volesse portato al prossimo colloquio. Il capomafia, invece, di rappresentare le sue esigenze, si limitava a ricopiare il contenuto della lettera che ha ricevuto: “Avevo tue amore mio mi dici che stai in pensiero la mia salute ma io ho pensieri per la mia salute se ho capito bene e studiare e comprendere nella mia miseria… Figlio mio mi addolora tanto con la desolazione e triste Figlio Angelo mi dici scrivi tutto quello che capita e che succede Ho chiesto ho chiesto il foglio per edere per il foglio per vedere per vedere cosa ti posso portare per il prossimo colloquio qui scrivimi quello che posso portare Amore mio chiudi la lettera augurandoti sempre di stare meglio”.

 


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