CATANIA – Si è tenuta ieri la presentazione della mostra “Libero Elio Romano. 1909 – 1996” che sarà visitabile gratuitamente dal 31 ottobre al 20 gennaio del 2023 in una delle cornici più rappresentative della città: Palazzo della Cultura. La conferenza di presentazione è cominciata con le parole del rappresentante del Commissario del Comune etneo, Federico Portoghese, ricordando il tortuoso iter di allestimento a causa delle chiusure e restrizioni dovute alla pandemia: “Presentiamo quest’avventura che doveva tenersi ben tre anni fa, nascendo dalla sinergia con la famiglia Romano in ricordo del padre, sulla scia del precedente esempio avvenuto oltre 25 anni fa al Castello Ursino con la curatela di Giuseppe Frazzetto, per riportare all’attenzione la figura di questo grande artista post-impressionista tra i maggiori del Novecento italiano”.
La narrazione antologica voluta dall’Accademia di Belle Arti di Catania, in collaborazione con il Comune di Catania e il Centro Studi d’arte Elio Romano, rappresentato dal figlio Guido Romano, consta di 57 opere includenti le pluripremiate e un’accurata selezione di inediti, resa pubblica grazie anche all’apporto di collezioni private provenienti da affetti e relazioni interpersonali dell’artista.
La curatela di Vittorio Ugo Vicari (storico dell’arte e docente dell’Accademia) ha suggellato il percorso espositivo in un’esperienza immersiva, supportata dall’apporto di Enrico La Rosa per la trasposizione digitale delle esposizioni presenti in mostra attraverso la presenza di contenuti multimediali, un’animazione digitale, la stampa 3D di alcune sculture che i visitatori potranno toccare e una installazione ambientale sul tema del paesaggio dello scenografo Umberto Naso.
Attraverso le avvolgenti parole del docente storico d’arte e cultore della materia è stato possibile immergersi in un’esperienza totalizzante in grado di restituire la cifra stilistica dell’autore, nonché il percorso evolutivo che viene scandito in quattro macro-sezioni di natura biografica e cronologica. Ad una prima, pertanto, corrisponde il periodo della formazione in bottega dove il giovane artista ebbe modo di iniziare i suoi studi da un pittore locale, Rosario Spina, assumendo tratti veristici ma anche di respiro internazionale su influenza francese.
In una seconda fase cominciò la formazione di natura accademica dietro consiglio dell’amico di famiglia, Giuseppe Lombardo Radice, che lo indirizzò prima a Roma per frequentare la Scuola Libera del Nudo e successivamente presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Qui ultimò i suoi studi e incontrò Felice Carena, da cui apprese i modelli classici della pittura e alla fine degli studi ne divenne assistente. Da questo periodo di stabilizzazione deriva l’influenza manieristica della scuola fiorentina fortemente indirizzata verso il disegno, di cui il pittore si fa portavoce conservando i tratti di una pennellata frenetica che ne preserverà per sempre la tensione artistica anche nei tentativi di razionalizzazione e nelle numerose prove di nudo, di cui la sua produzione vanta celebri esempi vincitori della Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma.
Da questa terza sezione si giunge, poi, nel 1938 all’ultima con il definitivo rientro in Sicilia nei possedimenti a Contrada Marra, nella provincia di Enna (ad Assoro), per sfuggire alla polizia politica. Tuttavia, qui si apre il lato inedito della mostra svelando l’atto eversivo che Elio Romano e la moglie attuarono nascondendo per circa tre anni una collega di studi conosciuta a Firenze, la scultrice ebrea Ingeborg Franck Hunzinger, insieme al compagno di lei, il pittore tedesco secessionista Helmut Ruhmer per sottrarli alle persecuzioni razziali.
Il gesto avvalora la tesi sostenuta dal docente Vicari che allontanerebbe l’autore da interpretazioni pedanti per cui l’artista, di estrazione borghese, in età matura si sarebbe ritirato a dimensione privata per esercitare la propria passione presso i possedimenti siciliani, preservando invece il carattere vulcanico e anticonformista dell’artista anche nella fase conclusiva della vita. Le opere di contemplazione bucolica che abbracciano il naturalismo senico verso un espressionismo astratto chiudono in un percorso ciclico la mostra, apertasi con un frammento di quotidianità che ritrae l’autore in versione agreste di cui sarà fiero esponente per tutta la durata dei suoi anni, esprimendo quel carattere rurale e genuino all’interno dei suoi quadri e nell’ultimissima prova artistica, lasciata incompiuta a causa della dipartita, che si trova all’epilogo dell’emozionante visita.
A conclusione le parole della presidente dell’Accademia di Belle Arti, Lina Scalisi, chiudono l’incontro valorizzando il contributo degli allievi nella realizzazione dell’iniziativa e incoraggiando future occasioni: “Queste cose avvengono sicuramente perché le istituzioni riescono a dialogare fra loro e riescono a farlo quando anche i soggetti privati, soprattutto i soggetti privati, intervengono. In questo caso la famiglia Romano non si mostra come unica depositaria della grande verità in grado di trasmettere l’unità corale delle opere ma collabora con l’Accademia di Belle Arti di Catania: un’ istituzione aperta al dialogo con la città, con l’arte, con gli artisti a 360 gradi, cercando di intercettare le occasioni per costruire una forma di cittadinanza attiva che passa soltanto attraverso la crescita culturale dei giovani”.