CATANIA – Una mattina tranquilla, poi la sospensione per la pausa pranzo e, nel pomeriggio, la scossa. Ieri al Tribunale di Milano la temperatura si è alzata di parecchi gradi. E non certo per questioni meteorologiche. Il processo scaturito dalla maxi inchiesta ‘Security’ sugli appalti di vigilanza del Palazzo di Giustizia meneghino e dei supermercati Lidl in Lombardia, con lo sfondo del clan Laudani, ha riservato un vero e proprio ‘coup de théâtre’. Uno degli imputati, Giacomo Politi, ha deciso di vuotare il sacco. Il tenore dell’esame infatti è cambiato totalmente al rientro dal break. La mattina l’imprenditore siciliano al centro del sistema di false fatturazioni e appalti pilotati è stato vago e senza ricordi precisi: poi ha deciso di rispondere alle domande del pm Paolo Storari e di spiegare come funzionava il sistema. Ammissioni ma anche accuse dirette. Il “Giornale”, ha dedicato un’ampia pagina questa mattina, all’udienza di ieri.
Ci sarebbe stato un accordo tra la Securpolice di Alessandro Fazio, e Sebastiano Laudani (‘Ianu il grande’): per ogni ora pagata per il servizio di sicurezza nei supermercati in Sicilia un euro era destinato al boss dei “Mussi i Ficurinia”. Una sorta di “regalo dovuto”. Fazio però ad un certo punto avrebbero smesso di mandare i soldi a Catania e Luigi Alecci, altro imputato, li avrebbe richiamati all’ordine.
Giacomo Politi ripercorre anche i suoi rapporti con gli esponenti del clan dei “mussi i ficurinia”. L’imprenditore ha viaggiato nello stesso aereo con Omar Scaravilli, altro pezzo da novanta del clan Laudani, diretti in un viaggio in Venezuela. “Non eravamo seduti nemmeno vicini, e poi appena atterrati ognuno è andato per i fatti propri”, ha detto l’imputato. Per la procura milanese Politi, 41enne, sarebbe stato uno degli anelli del sistema che avrebbe permesso alla cosca catanese di infiltrarsi nel tessuto economico lombardo. Soldi su soldi che sarebbero finiti nelle tasche di Sebastiano Laudani. Inequivocabili secondo gli investigatori le conversazioni captate tra Politi ed Enrico Borzì, ritenuto il “cassiere” della cosca. I due fanno i conti “delle cessioni”. Le telecamere della Dda milanese immortalano gli incontri in un bar di Acireale, in cui sarebbe avvenuta la consegna della busta del denaro proprio a Borzì.
Quest’ultimo sarebbe subentrato ad Orazio Salvatore Di Mauro, che nel corso delle indagini milanesi finisce in manette nell’ambito del maxi blitz Vicerè (maxi operazione che ha disarticolato l’intera cosca). Di Mauro non è stato ancora ascoltato nel processo. Tanti i particolari che l’imputato dovrà chiarire ai pm e al Tribunale. In particolare quel viaggio a Milano, monitorato dagli investigatori e finito nei faldoni dell’inchiesta, avvenuto proprio poche ore prima della retata Viceré.
Le rivelazioni di Politi hanno prima scatenato il gelo e poi una serie di reazioni. Uno dei difensori ha chiesto una relazione di servizio su quanto è accaduto nel corso della sospensione dell’udienza. Perché il cambio di comportamento dalla mattina al pomeriggio ha sorpreso. E non poco. E l’esame non si è concluso. Il 5 giugno potrebbero esserci nuovi colpi di scena.