L'incantatore di serpenti - Live Sicilia

L’incantatore di serpenti

Le dichiarazioni di Lombardo
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E’ un fatto tecnico-filosofico. Raffaele Lombardo è un comunicatore efficace. E’ un bravissimo incantatore di serpenti. Ipnotizza la platea col suo sguardo. Gioca sul filo del detto e del non detto. Mentre parla, allude. Mentre allude, è già scappato verso un comodo altrove. Il tra le righe è più importante dell’esplicito. Confuso dal gioco a rimpiattino, l’ascoltatore rimane di sasso.

Prendete le ultime dichiarazioni del presidente della Regione: “So ancora di fughe di notizie, di materiale di prima mano che dovrebbe essere in possesso dei magistrati e invece viene diffuso a fini politici. Tutta l’operazione è stata politica, con il supporto delle forze dello Stato. I carabinieri? Il massimo rispetto, ma per quelli che circolano in divisa”. Cosa significa esattamente? C’è un complotto per spodestare la più alta istituzione della Sicilia, che vede il coinvolgimento di pezzi deviati di qualcosa? Chiediamo spiegazioni all’interessato perché potremmo avere frainteso. Se non fosse così, senza fraintendimento alcuno, quelle parole sarebbero pietre.  Il presidente della Regione avrebbe il diritto-dovere di denunciare i congiurati, magari con nomi e cognomi. Invece Lombardo allunga un’ombra. Nicchia. Appunto, allude. Invita il suo interlocutore ad entrare in una sala di specchi, di rimbalzi luminosi tra ciò che emerge e ciò che sommerso. Solo Raffaele conosce la via d’uscita e possiede le chiavi dell’ingresso.

Tutta la sua strategia comunicativa si basa sulla teoria dell’incantesimo. Disperdere le informazioni essenziali, sviare lo sguardo dalla cosa al suo profilo. Attorcigliare il senso comune in un viluppo di significati paralleli. E così incontri forse non proprio commendevoli sono sempre casuali e fortuiti, come le mani che si stringono incautamente. Ecco il riflesso rispetto al nocciolo. E il nocciolo è solare: un politico dovrebbe centellinare le sue strette di mano. Dovrebbe evitare certe frequentazioni, a prescindere dalla rilevanza penale dell’argomento, l’alibi stranoto della politica clientelare.

Ma il presidente è fin qui vittorioso. La sua cosiddetta ricostruzione dei fatti rispetto alla sua moralità pubblica (mettendo da parte le indagini) è il brandello dato in pasto ai suoi corifei, affinché riescano a rintuzzare le critiche dei maledetti ascari. Nel mondo di Raffaele ci sono minacciose presenze senza divisa. Le mani si stringono sempre – le braccia protese della folla – con purezza di cuore e innocenza di labbro.
Poi uno esce dalla sala degli specchi e rivela a se stesso un dubbio, come colpito dalla chiarezza: forse le manine chiacchierate,  afferrate senza saperlo, sono un po’ troppe. Sì, troppe, anche per un governatore notoriamente filantropo.

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