CANICATTI’ (AGRIGENTO) – “La mafia non è solo quella delle stragi di sangue ma è anche quella del silenzio, dell’omertà, dell’ingiustizia, delle raccomandazioni, delle scorciatoie a discapito dei più deboli, degli abusi. Anche questa mafia uccide. Per quanto tempo questa nostra terra deve restare ferma a causa di questa mentalità dilagante?”. Così nell’omelia che il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha pronunciato, nella chiesa madre di Canicattì, in occasione del 25^ anniversario dell’uccisione del giudice Rosario Livatino.
“L’ anniversario della morte di Livatino susciti in tutti noi uno scatto di orgoglio civile e religioso e ci porti a dire con le parole e con i gesti che non vogliamo avere più nulla a che fare con la mafia – ha detto il cardinale – che non vogliamo più alimentare una mentalità mafiosa, che non vogliamo condividere niente con chi pensa di organizzare le cose, gli affari, i lavori con la logica della mafia. I suoi tentacoli, lo sappiamo, entrano dove ci sono interessi economici: droga, traffico e gestione dei migranti, negli affari di un certo tipo. Il Giudice Livatino ha dato la vita perché è stato dalla parte della giustizia sempre e comunque”.
Il card. Montenegro ha sottolineato che Livatino “non ha accettato la logica del compromesso, non ha chiuso gli occhi su alcune carte, non ha fatto finta di non vedere o di non sapere. È andato avanti, non si è lasciato piegare dalla mediocrità, ha creduto nella giustizia senza ‘se’ e senza ‘ma’”. “Allora se non vogliamo vanificare il suo ricordo dobbiamo chiederci: ‘io da che parte sto?’ – l’esortazione del cardinale – Lui ci chiede di essere ricordato non tanto con le lapidi, la nostra terra è piena di lapidi, ma con l’esempio”. Perché “con le nostre scelte decidiamo da che parte stare e collocandoci da una parte o da un’altra diamo un ordine alle cose, le aggiustiamo o le guastiamo”. “La fase diocesana del processo di beatificazione, già avviata, ha l’obiettivo di approfondire ancora meglio la conoscenza di Livatino attraverso le testimonianze di chi in vari modi l’ha conosciuto – ha proseguito – Ma mentre attendiamo che si proceda in questa linea lasciamoci tutti scuotere dall’esempio di questo giudice che ha vissuto nella semplicità la sua fede e da essa ha tratto la forza per essere coerente fino in fondo.”. E ha concluso: “Preghiamo perché i mafiosi si convertano e si lascino toccare dalla luce della grazia e preghiamo per noi, perché la cortina fumogena del buonismo e del perbenismo non ci nasconda, facendoci credere di essere indenni da storie tristi, mentre invece così ne diventiamo complici, perché poco coerenti e perciò poco credibili. Questa terra ha bisogno di uomini veri e coraggiosi, di noi. Dio ha bisogno di uomini veri e coraggiosi, di noi”.