Guido Signorino, professore ordinario di Economia applicata all’Università di Messina, contesta l’idea che il Pil basso della Sicilia sia dipeso dalla mancanza di continuità territoriale con il continente e, quindi, dalla necessità di un ponte che possa ridurre o addirittura azzerare il gap.
“Come mai – chiede – la Calabria, in totale continuità territoriale, ha un Pil pro capite più basso di quello dell’isola? E come mai la Sardegna, priva di ogni continuità territoriale, ha un Pil più alto di Calabria, Sicilia e di (quasi) tutto il Mezzogiorno? Prodotto interno lordo pro capite e sviluppo tardivo di Sicilia e Mezzogiorno non dipendono dal ponte che non c’è, ma da altro”. Il Pil della Calabria è 17.617 euro pro capite, più basso di quello siciliano (18.403 euro) e di quello sardo (21.876 euro).
“Se i problemi di sviluppo della Sicilia fossero dovuti all’insularità, varcato lo Stretto dovremmo avere uno sviluppo ‘ordinario’ e la Calabria dovrebbe essere ‘locomotiva’, competendo con Lombardia o Trentino Alto-Adige. Invece no: la ‘continuativa’ Calabria è più ‘tardiva’ della ‘isolata’ Sicilia. E la Sardegna batte anche Campania, Puglia, Molise e (forse) Basilicata, alla faccia dell’insularità”.
“Magari Pil pro capite e sviluppo tardivo di Sicilia e Mezzogiorno non dipendono dal ponte che non c’è, ma da altro. Per esempio – aggiunge -, in Sardegna la inadeguatezza di competenze alfabetiche è al 44,2%, in Sicilia al 51,3%, in Calabria al 51%; la “inadeguatezza di competenze numeriche, pari al 55,3% in Sardegna, è in Sicilia al 61,7% e in Calabria al 62,2%. La ‘partecipazione culturale fuori casa’ è in Sardegna del 21,8%, in Sicilia del 15,5%, in Calabria del 12%.
La fruizione di biblioteche è del 10,7% in Sardegna, del 4,4% in Sicilia, del 5,2% in Calabria (dati Istat, 2023, Rapporto Bes 2022). Se vogliamo lo sviluppo del Sud, invece del ponte, investiamo in settori ad alta ricaduta occupazionale per euro speso e dunque a elevato effetto moltiplicativo (es.: efficientamento energetico, tutela del territorio, prevenzione antisismica, ecc.), in istruzione e cultura, in sanità. Sono questi gli investimenti più importanti e redditizi”.