L'omicidio, la confessione e i dubbi sulla follia del killer del cognato

L’omicidio, la confessione e i dubbi sulla follia del killer del cognato

"Sono stato io, ecco la pistola". Si scava nella vita di Giuseppe Cangemi

PALERMO – “Sono stato io ad uccidere mio cognato, ecco la pistola”. Sono le uniche parole con un senso compiuto che Giuseppe Cangemi, 62 anni, ha pronunciato davanti agli investigatori della squadra mobile e al pubblico ministero.

Poi ha iniziato a farfugliare concetti senza logica nel corso dell’intero interrogatorio finito nella tarda serata di ieri. Si è presentato alla squadra mobile, ma ormai era stato identificato partendo dalle immagini della telecamera che ha filmato la scena del delitto in via Oberdan.

Cangemi confessa di avere ucciso il cognato Stefano Gaglio a colpi di pistola davanti alla farmacia dove era impiegato come magazziniere, ma non ha saputo spiegare perché lo abbia fatto.

Non ha saputo oppure non ha voluto? È questo il tema su cui adesso lavorano gli investigatori. Il disagio mentale è reale oppure mostrato ad arte per ottenere eventuali benefici di fronte alla confessione di essersi trasformato nell’assassino del parente?

I poliziotti, coordinati dal pubblico ministero Maurizio Bonaccorso, scavano nella vita di Cangemi, lavoratore della Rap. Al momento non ci sono segnali che certifichino eventuali patologie psichiche. Su questo tipo di accertamenti lavorerà anche il legale della difesa, l’avvocato Salvino Pantuso.

Si scava anche per il movente. I dissidi legati alla contestata eredità di una villetta Carini potrebbero averlo spinto a premere il grilletto. La vicenda aveva creato forti tensioni familiari. Vittima e assassino sono cognati. Cangemi è il compagno della sorella della moglie di Gaglio.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI