L’omicidio nella duna, processo riaperto con nuove prove

L’omicidio nella duna, processo riaperto con nuove prove

C'è anche un nuovo testimone

CATANIA – Un ufficiale dell’Arma che coordinò un’indagine a carico di Natale Nizza. E una produzione documentale che dimostrerebbe come Sam Privitera, semplicemente, non potrebbe mai aver avuto una relazione con la ex della vittima, Vincenzo Timonieri detto “Caterina”, inghiottito dalla lupara bianca nel febbraio del 2021. Sono le nuove prove ammesse dalla Corte d’assise di Catania, al processo per l’omicidio. La Corte è presieduta da Maria Pia Urso.

Gli imputati sono proprio Nizza e Privitera, sono due giovani che hanno scalato le vette del potere mafioso, in uno dei più potenti gruppi del clan Santapaola Ercolano. Nizza, figlio di Giovanni detto ‘banana’, è stato potentissimo a San Cristoforo, e Privitera, dal clan dei Nizza, sarebbe stato incaricato di gestire gli “affari” a Librino. I due imputati sono difesi rispettivamente dagli avvocati Luca Cianferoni, Salvatore Catania Milluzzo e Andrea Gianninò.

La vittima

La vittima, Vincenzo Timonieri, aveva 26 anni ed era di San Cristoforo. Il suo corpo, dopo il delitto, fu seppellito in una duna di Vaccarizzo. E di lui non si seppe niente fino al pentimento degli assassini rei confessi, Michael e Ninni Sanfilippo, che fecero ritrovare il corpo e oggi sono i principali testimoni dell’accusa, oltre che imputati.

In una delle scorse udienze i pm Lina Trovato, Alessandro Sorrentino e Rocco Liguori avevano concluso la requisitoria chiedendo ai giudici la condanna all’ergastolo di entrambi; e poi la condanna a 8 anni e sei mesi per i Sanfilippo, grazie all’attenuante riconosciuta ai collaboratori di giustizia. Ma la Corte ha accolto la richiesta delle difese e disposto un supplemento istruttorio.

I difensori

Un documento prodotto dal difensore di Privitera dimostrerebbe che dopo essere uscito dal carcere, il suo cliente, sarebbe andato in una comunità. Dunque nel periodo in cui, secondo il resoconto di alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe avuto una storia con una ex di Timonieri, questo non sarebbe stato possibile. A smentirlo sarebbe la distanza tra questo centro e la ex, che peraltro lo ha già negato deponendo in aula.

I legali di Nizza, invece, dal canto loro chiedono di far deporre un’ufficiale dell’Arma dei carabinieri. E questo perché l’Arma avrebbe messo delle videocamere davanti a casa di Nizza. Videocamere che potrebbero averlo ripreso e che, dunque, potrebbero scagionare l’imputato. Ma se ne parlerà in aula. Poi i giudici dichiareranno nuovamente chiusa l’istruttoria dibattimentale. Poi parola alla parte civile e ai difensori.

Il movente

Il movente, secondo l’accusa, sarebbe stato legato alle ambizioni di Timonieri, che avrebbevoluto mettersi in proprio, approfittare dei propri personalissimi fornitori di droga napoletani e spacciare senza rispondere più al clan Nizza. Un progetto che ovviamente non poteva andare giù ai responsabili della cosca, i quali per questo avrebbero deciso di ordinarne l’assassinio.


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