"Nizza fece seppellire il cadavere nella duna": condanna definitiva

“Nizza fece seppellire il cadavere nella duna”: condanna definitiva

Passa in giudicato la condanna per l'omicidio Timonieri

CATANIA – È passata in giudicato la condanna a 30 anni a carico di Natalino Nizza, uno dei capi della omonima famiglia catanese. I giudici della Corte d’appello alcuni mesi fa avevano emesso un verdetto con cui la pena inflittagli, per l’omicidio di Enzo Timonieri – avvenuto il 12 febbraio 2021 a Catania – era scesa dall’ergastolo a 30 anni. La sentenza è definitiva.

Nizza peraltro ha anche confessato di essere uno dei mandanti, ottenendo così l’esclusione del carcere a vita. Lui è l’unico dei quattro invischiati nell’omicidio – gli altri sono un mandante, Salvatore Sam Privitera e gli esecutori materiali dei confessi Michael e Ninni Sanfilippo – a non aver scelto di diventare un collaboratore di giustizia. Lui non si pente. È difeso dagli avvocati Salvo Pace e Luca Cianferoni. Il concordato d’appello non è stato impugnato. Non è ancora chiaro cosa abbiano scelto gli altri co-imputati: teoricamente avrebbero potuto presentare ricorso in Cassazione.

I killer rei confessi

Per quanto riguarda le pene minori, va ricordato che i Sanfilippo, i killer, avevano fatto ritrovare il corpo nella duna di Vaccarizzo, dove era stato seppellito. In una buca che sarebbe stata scavata un giorno prima del delitto. Privitera, dal canto suo, si è pentito dopo essere stato condannato all’ergastolo.

Già in appello, come detto, Nizza ha confessato. Ha ammesso le proprie responsabilità ma dicendo di averlo fatto assecondando una volontà e un movente di Privitera. E non, come invece ha dichiarato quest’ultimo, per bloccare un tentativo di Timonieri di gestire un giro di droga tutto suo facendo concorrenza al clan dei Nizza. Timonieri, del resto, era un giovane spacciatore attivo nella città di Catania.

Il figlio di Giovanni ‘banana’

Natalino Nizza è figlio del potente boss Giovanni, detto ‘banana’, e per un certo periodo sarebbe stato incaricato di gestire gli affari a San Cristoforo. Privitera invece si sarebbe mosso a Librino. Assieme, i due, avrebbero deciso l’omicidio e avrebbero anche cercato di procurarsi degli alibi. Ma tutto è caduto quando i fratelli Sanfilippo hanno deciso di pentirsi.

Le ulteriori rivelazioni di Privitera, peraltro, sono state a loro volta importanti. Ha dichiarato di aver appreso da Michael Sanfilippo del compimento del delitto tramite un messaggino sul cellulare. Un cuoricino. In chat un cuoricino può voler dire tante cose. Ma evidentemente, se sei uno dei capi di un clan di Cosa Nostra e attendi sviluppi su un delitto che hai commissionato a due sicari, un cuoricino dall’assassino può pure voler dire anche: “Tutto apposto, lo abbiamo ucciso”. E grossomodo sarebbe andata così.

Un agguato? Troppo rischioso

È anche emerso che inizialmente si era pensato di uccidere Timonieri in mezzo alla strada, con un agguato vecchio stampo. Ma fu ritenuto troppo rischioso. Privitera ha parlato con i pm Lina Trovato e Alessandro Sorrentino della Dda di Catania.

Per l’omicidio, si ricorda, in primo grado fu un processo lungo, durato numerose udienze e passato attraverso la deposizione di tanti testi. Entrambi i mandanti, Nizza e Privitera, si professavano innocenti e accusavano i pentiti. Dopo il verdetto di primo grado e dopo la condanna all’ergastolo, evidentemente, le cose sono cambiate.


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