Luigi Avellone era un uomo dolce e gentile. Una persona al servizio degli altri. Una figura nobile di anziano, di nonno e padre. Questo risulta dalla concorde testimonianza di coloro che l’hanno conosciuto, di coloro che ne hanno appena incrociato lo sguardo, di coloro che hanno potuto coltivare il tempo necessario per amarlo davvero. Perciò tutti considerano un’atroce beffa del destino l’incidente che lo ha ucciso e che ha ucciso una mamma incinta e il suo bambino. Avellone viaggiava su un viadotto verso Agrigento. Aveva imboccato il ponte contromano. Forse a causa della segnaletica poco chiara, o di un malore, o di una confusione transitoria dovuta ai suoi ottantacinque anni. Lo schianto non ha lasciato scampo a nessuno. Morto Luigi. Morta Nazarena Piro di quarant’anni col suo bimbo in grembo. Morto a sei anni il piccolo Mattia, nonostante il ricovero in ospedale.
Un’atroce beffa del destino. Luigi Avellone amava il prossimo. Non si sarebbe mai perdonato un ruolo inconsapevole e involontario nella scomparsa di una famiglia. Ecco perché quello a cui si assiste nella chiesa di San Francesco di Paola a Palermo è un funerale multiplo. Esequie per l’anima e il corpo di Luigi nascosto dalla cassa ai piedi dell’altare. Strazio per gli altri. Per Nazarena e la sua cicogna, per Mattia. Per le lacrime di un altro marito e padre soffocato in queste ore dal dolore. E’ un lutto doppio che scava il volto del figlio di Luigi, Roberto, avvocato assai stimato a Palermo. E’ una veste nera che copre la sua famiglia in prima fila. Non è un cordoglio formale come potrebbe essere in analoghe circostanze. E’ un mare di lacrime sincero che scorre dentro e non vuole uscire per dignità. Scorre per Luigi, per Mattia, per Nazarena e per la sua cicogna. Dall’altra parte, dal lato di chi ha perso una giovane moglie e due figli ci sarà anche tanta rabbia. E’ comprensibile.
Il sacerdote prova a solcare il mare di lacrime. Tenta di frenare gli echi della rabbia. “Non è colpa di nessuno – dice -. Dobbiamo solo chiederci: perché Dio ce li ha tolti nel pieno dell’estate”. Nel pieno dell’estate, col sole in alto e i pensieri votati al mare. Non è stata volontà di nessuno, è vero in questo caso. Sarà vero in diversi casi. Ma sotto gli occhi di tutti c’è una strage infinita di corpi e di lamiere che tira in ballo precise responsabilità. Il dovere di chi dovrebbe controllare e il compito di chi dovrebbe fare il possibile per rendere i controlli più efficaci. I numeri lo dicono chiaro. Lo urlano. Sotto i nostri occhi si staglia una chiamata di correità a cui non è lecito sottrarsi invocando lo scarso senso civico degli automobilisti. Sarebbe come tirare in ballo, a ogni omicidio, l’indelicatezza degli assassini, per coprire certe indagini condotte male. Dunque è colpa di qualcuno, con nome e cognome, se la gente continua a morire per le strade. Se sono morti Luigi, Mattia, Nazarena, nomi propri di persone, titoli di vite che non devono essere dimenticate. Poi c’è la domanda del prete, quella difficile: perché Dio ce li ha tolti in pieno nell’estate? Ma, nell’ora del dolore, proprio non si trova una risposta che consoli. Non si trova. Né in terra, né in cielo.