PALERMO – Era malato da tempo il boss Mariano Agate, morto stasera nella sua abitazione a Mazara del Vallo nel trapanese per un tumore. Il capomafia era stato scarcerato una decina di giorni fa, su disposizione del Tribunale di Sorveglianza di Viterbo per gravissimi motivi di salute. Agate era stato condannato all’ergastolo anche per la strage di Capaci e per gli attentati del 1993. Negli anni Ottanta era diventato l’uomo più ascoltato da Totò Riina nella gestione delle “famiglie” trapanesi. Era proprio lui ad assicurargli protezione durante la latitanza. E grazie a questo ruolo era stato investito della carica di capo della cosca di Mazara del Vallo.
La sua crescita criminale è legata, nella prima fase, al controllo del traffico di droga in collaborazione con i narcotrafficanti colombiani e palermitani. I ricavi sarebbero stati investiti nelle attività imprenditoriali. Con il fratello Giovan Battista era titolare di un’impresa di calcestruzzi e di un’azienda vinicola che venivano tra l’altro utilizzate come punto d’appoggio per la struttura militare di Cosa nostra. Negli anni della guerra di mafia Agate si schierò con i corleonesi e per questo è stato condannato anche per alcuni omicidi. Ma come componente della “cupola” avrebbe avuto una parte soprattutto nella strategia di attacco agli uomini delle istituzioni. E’ stato quindi condannato per l’uccisione a Trapani del sostituto procuratore Giangiacomo Ciaccio Montalto ma assolto in Cassazione nel 1993 per l’agguato al sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari.
Il suo nome venne trovato assieme a quello di funzionari pubblici e politici locali, tra cui l’ex deputato regionale Dc Francesco Canino, nella lista degli iscritti alla loggia massonica Iside 2 di Trapani. Agate è stato poi accusato e condannato pure per le stragi del 1993 e per il fallito attentato a Maurizio Costanzo nel 1994. A quel tempo si trovava già in carcere al regime del 41 bis (era stato condannato per traffico di droga e per associazione mafiosa nel primo maxiprocesso a Cosa nostra. Ciò non gli avrebbe impedito, secondo l’accusa, di mantenere i collegamenti con gli esponenti della sua cosca e di trasmettere ordini e messaggi all’esterno. Il tritolo usato per uccidere Costanzo sarebbe stato prelevato da una sua azienda, la Calcestruzzi Mazara. L’azienda era anche finita nell’indagine antimafia “Eolo” perché avrebbe ospitato summit convocati per trovare un accordo sulla costruzione del parco eolico di contrada Aquilotta a Mazara del Vallo. Entro domani mattina il questore di Trapani, Carmine Esposito deciderà se vietare i funerali pubblici per Agate, così come avvenne nel novembre del 1998 quando morì, anch’egli per cause naturali, il capomafia Francesco Messina Denaro, padre del latitante Matteo. La zona dove abitava Mariano Agate è in queste ore vigilata dalla polizia.