Ma sì, che fretta c'è? - Live Sicilia

Ma sì, che fretta c’è?

Altro che #stopars. I deputati sembrano intenzionati ad aspettare la fine di luglio. Cronaca di una giornata di cui non andare fieri in un Paese in cui il solco tra Palazzo ed elettori si fa sempre più profondo.

All’Ars non hanno fretta. Dalla cronaca della giornata parlamentare di Accursio Sabella abbiamo appreso delle grandi manovre in corso fra i partiti che tirano sostanzialmente il freno a mano sull’ipotesi di staccare subito la spina alla legislatura. Pare proprio che per parlare di sfiducia i partiti abbiano scelto di aspettare fine luglio e le dimissioni annunciate di Raffaele Lombardo. Magari “disinnescando” il nominificio di fine legislatura con una leggina ad hoc che per la sua ratio ha il sapore della mortificazione delle Istituzioni.

Da questo giornale avevamo lanciato una campagna che aveva trovato un’eco straordinaria sui social network e su Twitter in particolare con l’hashtag #stopars. Non era, non è mai stata, una campagna contro qualcuno, ma piuttosto la presa d’atto di una situazione oggettiva: l’inagibilità politica di quest’ultimo squarcio di legislatura, che vede un governo senza maggioranza guidato da un presidente quasi dimissionario, che nel caos generale ha avviato una pletora di nomine di governo e sottogoverno. Uno scenario insostenibile per una regione piegata dalla crisi e dai suoi atavici ritardi. Ci sembrava, in un contesto del genere, che assistere inermi ad altri cinque mesi di agonia non fosse la cosa migliore per i siciliani. E che anche guadagnare un mese, un mese e mezzo, per restituire alla Sicilia un governo, di qualsiasi colore ma nel pieno delle sue funzioni, sarebbe stato un bene. Perché di fronte a un malato grave nessuno si sognerebbe di attendere cinquanta giorni prima di iniziare a curarlo. Oggi apprendiamo che questo, salvo sorprese, non succederà. Al di là dei comunicati stampa, delle prese di posizione, delle promesse di dimissioni di questo o quel deputato. E ci viene spiegato che non accadrà, ovviamente, “per senso di responsabilità”. Ovviamente.

Ecco, oggi vogliamo cerchiare di rosso questa parola: responsabilità. Perché in fondo era questo che all’Ars avevamo chiesto: un’assunzione collettiva di responsabilità per non lasciare il peso della scelta sulle spalle di un uomo solo. Par di capire che quest’assunzione di responsabilità non ci sarà. Confermando, ancora una volta, la distonia tra il Palazzo e gli umori degli elettori, sempre più lontani dalla Casta e dal suo istinto di autoconservazione.

Ma tant’è. Scorrendo i titoli dei quotidiani on line, oggi l’impressione è quella di un Palazzo del tutto disconnesso dalla realtà. Da Formigoni a Di Gregorio, passando per la nomina a garante della privacy, un sapore amaro resta in bocca nel constatare l’arroccamento della classe dirigente di questo Paese su posizioni ormai non più difendibili. La Sicilia, purtroppo, non fa eccezione. Starà ai siciliani completare alle urne quanto in parte già avviato alle ultime amministrative: la rottamazione di una classe politica inadeguata, salvando il poco salvabile. Inchiodando ciascuno, e torniamo alla parolina cerchiata in rosso, alle proprie responsabilità. Perché all’Ars potranno anche non avere fretta, ma non c’è galantuomo più puntuale del tempo.

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