ARAGONA (AGRIGENTO)– Perché questa tragedia? È questa la domanda con cui inizia l’omelia del monsignor Melchiorre Vutera, vicario generale dell’Arcidiocesi di Agrigento, oggi celebrante della messa per l’ultimo saluto ai piccoli Carmelo e Laura Mulone, i due bambini rimasti vittime dell’esplosione delle Macalube. Questa domanda certamente se la sono posta anche le molte persone che oggi hanno pianto dietro gli occhiali da sole all’arrivo delle piccole bare bianche accolte dai fiori gialli e bianchi: due file schierate di persone che hanno applaudito tra le lacrime, le due giovanissime vittime di un tragico evento, che ha stravolto un intero paese: Aragona.
Più di duemila persone, un’intera comunità che oggi si sente tradita da quel luogo in cui tutti, almeno una volta, si sono recati per una passeggiata in quel paesaggio che sembra mutuato dal suolo lunare, qualcosa di cui tutti andavano fieri, fino a pochi giorni fa. Tra la folla si scorgono padri con i figli sulle spalle, per stringerli più forte che mai, si vedono anziani che da sempre frequentano quelle terre e sono stati testimoni di tantissime esplosioni, si vedono coloro che hanno prestato per primi i soccorsi, fregandosene del pericolo di una seconda esplosione, oggi applaudono con quelle mani che sabato scavavano nel fango nella speranza di salvare i figli di Rosario Mulone, il papà carabiniere che oggi non si dà pace e in lacrime segue le bare abbracciando la moglie Giovanna.
Ad accogliere la famiglia Mulone sono accorsi numerosissimi carabinieri, tra cui anche il Comandante Generale dell’Arma Leonardo Gallitelli, il prefetto Nicola Diomede ed esponenti della protezione civile e delle giubbe D’italia di Aragona, il servizio di volontariato che con i suoi uomini ha partecipato anche ai frenetici scavi di sabato pomeriggio. Scavi a cui non si è sottratto il sindaco di Aragona Totò Parello, che è stato uno dei primi a “sporcarsi le mani” nel fango. Le parole di monsignor Vutera toccano al cuore e sono da monito per coloro che si sentono abbandonati da Dio in momenti come questi: “Nell’esperienza della morte il senso di abbandono è forte; si crea una linea di confine tra il sentirsi abbandonati da Dio e il bisogno di abbandonarsi in Dio. Se rimaniamo da questa parte – se, cioè ci sentiamo abbandonati da Dio – allora cadiamo nella disperazione, nel vuoto assoluto; se, al contrario, proviamo ad oltrepassare questo margine abbandonandoci in Dio, consegnando a Lui tutta la nostra vita, la nostra sofferenza, la nostra rabbia, la nostra delusione…tutto ciò che ci portiamo dentro…allora inizieremo ad avvertire il soffio leggero della speranza che ci consentirà di riprendere faticosamente il cammino della vita”.
Il pensiero di monsignor Vutera è dedicato ai piccoli Carmelo e Laura: “È vero! Non saranno più in mezzo a noi, non frequenteranno più le nostre scuole o le nostre parrocchie, non li vedremo più fra di noi, ma loro – proprio perché avvolti pienamente nella luce del Risorto – continueranno per sempre ad essere in noi. La loro vita ormai totalmente avvolta dalla luce di Dio continuerà ad essere presente nel cuore di mamma e papà e nel cuore di tutti noi come quella degli angeli perché tali sono stati e tali continueranno ad essere per sempre”. Un messaggio lanciato a tutti arriva dalla lettera di Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento, che dichiara: “Impegniamoci a sostenere con l’affetto e la preghiera i genitori e chiediamo con tutte le nostre forze che si facciano gli sforzi possibili affinché, in futuro si evitino altre tragedie”. Alla fine della messa di addio, l’uscita delle bare è accompagnata da un lungo applauso e da decine di palloncini bianchi blu e rosa, che si liberano in cielo, quel cielo che adesso è la casa di Carmelo e Laura. Le bare vengono infine accompagnate con una processione silenziosa al cimitero di Aragona, un lungo tragitto in cui genitori e i parenti accompagnano per l’ultima volta i piccoli angeli.