"La mafia e gli affari del metano"| Nuove carte su Italgas - Live Sicilia

“La mafia e gli affari del metano”| Nuove carte su Italgas

Il Palazzo di giustizia di Palermo

Dopo l'audizione in Commissione nazionale antimafia i magistrati della Procura di Palermo alzano il tiro dell'inchiesta patrimoniale che ha portato all'amministrazione giudiziaria per sei mesi della Italgas di Torino. La Guardia di finanza ha trovato dei documenti che confermerebbero i contatti con gli imprenditori Cavallotti di Belmonte Mezzagno.

MISURE DI PREVENZIONE
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PALERMO – Dopo l’audizione in Commissione nazionale antimafia i magistrati della Procura di Palermo alzano il tiro dell’inchiesta patrimoniale che ha portato all’amministrazione giudiziaria per sei mesi della Italgas di Torino, società quotata in borsa.

Agli atti dell’indagine, di cui si occupa la Guardia di finanza palermitana, adesso ci sono dei documenti che confermerebbero i rapporti con il gruppo Cavallotti di Belmonte Mezzagno. Rapporti di cui, così sostengono gli investigatori, sarebbero stati a conoscenza anche in Snam Rete Gas, società del Gruppo Snam (proprio come Italgas) che si occupa del trasporto e della distribuzione di gas su tutto il territorio nazionale.

Nel luglio scorso, seguendo le tracce del tesoro di don Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo, i pubblici ministeri e gli uomini del Nucleo di polizia tributaria sono arrivati dentro Italgas, i cui dirigenti avrebbero continuato a fare affari con aziende riconducibili ai Cavallotti nonostante fossero al corrente dei guai giudiziari degli imprenditori siciliani. I Cavallotti sono stati assolti dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma sottoposti a misure patrimoniali e personali perché ritenuti “socialmente pericolosi”. Il procuratore aggiunto Bernardo Petralia e il sostituto Dario Scaletta definirono “sconcertante” l’operato della Italgas, società “in mano pubblica, con capitale interamente controllato da Snam e, dunque, da Eni”.

Da qui la decisione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, presieduta da Silvana Saguto, di commissariare per sei mesi la società. Il 22 ottobre scorso i due magistrati della Procura di Palermo e il sostituto procuratore nazionale antimafia, Maurizio De Lucia, sono stati sentiti, a Roma, dalla Commissione guidata da Rosi Bindi.

I pm sono convinti che la società torinese abbia affidato la manutenzione di alcune reti di distribuzione del metano ad un raggruppamento di imprese di cui facevano parte la Euro Impianti Plus e la Crm, “società calabrese recentemente sottoposta a provvedimento di amministrazione giudiziaria proprio in relazione alle attività di agevolazione in favore dei fratelli Cavallotti”. Dal 2011 la Euro Impianti Plus è sotto sequestro perché, formalmente intestata ai figli, sarebbe in realtà riconducibile ai fratelli Cavallotti che grazie ad essa sarebbero rimasti in affari nel settore.

La Euro Impianti di fatto avrebbe proseguito l’attività avviata dalla Comest e dalla Imet. Le due imprese, amministrate da Gaetano e Vincenzo Cavallotti, erano citate nella corrispondenza di Bernardo Provenzano che le raccomandava per i lavori di metanizzazione nei comuni di Agira e Centuripe. In un altro pizzino era Giovanni Brusca a scrivere a Provenzano per affrontare il tema della messa a posto dell’impresa dei Cavallotti che stava realizzando la metanizzazione a Monreale. Finite sotto sequestro la Imet e la Comest, i due fratelli avrebbero dirottato i loro interessi nella Euro Impianti, senza però figurare in prima persona.

Eppure – e così emergerebbe dai documenti che sono andati ad ingrossare il fascicolo dell’inchiesta patrimoniale – il 23 giugno 2011 c’era Vincenzo Cavallotti a rappresentare la Euro Impianti Plus all’incontro che si svolse “in via Avezzana a Milano, negli uffici di Snam Rete Gas” per discutere dei lavori di manutenzione delle reti di Sanremo e Chiavari. Qualche mese dopo, il 5 ottobre 2011, la Prefettura di Messina spediva una “riservata amministrativa” alla “Snam Rete Gas spa di San Donato Milanese”. Altro non era che una cosiddetta informativa atipica in cui si precisava che dagli accertamenti svolti sulla Euro Impianti Plus “non erano emerse cause interdittive”, ma venivano evidenziate “situazioni di possibile condizionamento che non raggiungono, comunque, la soglia di gravità”. La Prefettura di Messina, non a caso, concludeva la “riservata” precisando che “la presente informativa assume la valenza di informazione supplementare atipica e quindi priva di efficacia interdittiva automatica e viene rilasciata per le valutazioni e le conseguenti determinazioni nell’esercizio dei poteri discrezionali di codesta società”. Doveva essere la Snam Rete Gas a decidere, in piena libertà, come comportarsi.

Alla Euro Impianti la Italgas, negli anni, ha assegnato una serie di appalti in Sicilia e in Liguria. In sostanza, sostiene l’accusa, avrebbe affidato ai Cavallotti la manutenzione delle reti che gli stessi avevano costruito con le due imprese sequestrate. Da qui la conclusione del Tribunale che “gli organi amministrativi della società – si leggeva nel provvedimento del collegio presieduto da Silvana Saguto – non potevano ignorare né il peculiare profilo di pericolosità dei fratelli Cavallotti, né i vantaggi oggettivamente arrecati alle imprese da essi controllate. La struttura dirigenziale di Italgas era sicuramente a conoscenza dei citati provvedimenti ablativi e di prevenzione personale, ed aveva sicuramente cognizione del fatto che la Euro Impianti Plus srl pur se formalmente intestata ai giovanissimi figli di Cavallotti Vincenzo e Cavallotti Gaetano, era di fatto gestita dai predetti imprenditori”. C’erano altri che sapevano? È questo l’interrogativo da cui muovono le nuove indagini.

 

 


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