Mafia al Comune, gli affari| e il silenzio degli innocenti - Live Sicilia

Mafia al Comune, gli affari| e il silenzio degli innocenti

Un consiglio comunale dove il voto del fratello del mafioso, o del congiunto del prescritto per mafia è fondamentale per mantenere lo status quo, in perfetta continuità con gli ultimi 15 anni di amministrazione. Una continuità di persone e di assetti di potere che governano la città e hanno messo in ginocchio il bilancio del Comune di Catania per alimentare un apparato che ha coniugato l'impegno elettorale con i voti della mafia, i favori, le prebende. LE REAZIONI

 

CATANIA- Il silenzio tombale dei capigruppo consiliari avvolge la relazione dell’Antimafia in un abbraccio mortale. Nessuna presa di posizione pubblica, nessun comunicato stampa, nessuna conferenza stampa. Perché il problema degli elementi messi in fila dalla pattuglia di deputati regionali guidata da Nello Musumeci è che il risultato è trasversale: ci sono esponenti della maggioranza e dell’opposizione. Anzi, c’è di più: la trasversalità di rito catanese è tale che il dossier riguarda anche consiglieri passati dalla maggioranza di centrodestra a quella di centrosinistra. Nel giro di una stagione. I consiglieri del centrosinistra sono additati per comportamenti tenuti quando erano col centrodestra, oggi all’opposizione, col risultato che quasi nessuno può alzarsi e parlare. A questo si aggiunge che l’opposizione, alla luce della relazione, ha le sue gatte da pelare, vedi il caso Pellegrino (qui).

Il momento è delicato, da un lato la Procura indaga, dall’altro la Prefettura è stata invitata a intervenire da Claudio Fava, ipotizzando lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.

E’ bene precisare non tutti i consiglieri comunali vengono ritenuti sullo stesso piano dalla Commissione Antimafia, alcuni di loro, per i fatti analizzati, di cui ci siamo ampiamente occupati, sono stati sott’indagine e poi archiviati, vedi il caso di Alessandro Porto (LEGGI QUI).

Per decifrare la portata della relazione finita anche in Parlamento, bisogna però mettere da parte, per un momento, il codice penale. Il dossier non certifica la mafiosità di alcuno, ma svela il contesto in cui, probabilmente nel rispetto delle leggi e nell’indifferenza di chi, nei partiti, è preposto al controllo, è maturata l’elezione al consiglio comunale di autorevoli esponenti della maggioranza e dell’opposizione. Politici che hanno peso nella distribuzione dei sottogoverni e nella pianificazione dell’azione amministrativa. Esponenti dell’opposizione che possono decidere se fare passare il bilancio di una maggioranza sgangherata o proporre emendamenti.

Quale autorevolezza può avere questa consiliatura nel gestire l’appalto dei rifiuti da 10milioni di euro?

Come si può intervenire sull’edificazione della Playa dopo le intercettazioni, l’ombra della mafia e la corruzione al Comune?

Gli stretti congiunti di esponenti di spicco della mafia e coloro che hanno tessuto relazioni con esponenti di Cosa nostra, dovrebbero, com’è normale in un paese civile, liberare il consiglio comunale da qualunque sospetto di infiltrazione mafiosa. Dovrebbero dimettersi. Ma i loro compagni di banco li esortano a continuare perché senza loro verebbero meno alcuni gruppi consiliari, cambierebbero gli equilibri di maggioranza e opposizione, muterebbero gli assetti di un consiglio comunale paralizzato, di un’assise aggrappata al voto di un singolo consigliere per l’ordinaria amministrazione. Un consiglio comunale dove il voto del fratello del mafioso, o del congiunto del prescritto per mafia è fondamentale per mantenere lo status quo, in perfetta continuità con gli ultimi 15 anni di amministrazione. Una continuità di persone e di assetti di potere che governano la città e hanno messo in ginocchio il bilancio del Comune di Catania per alimentare un apparato che ha coniugato l’impegno elettorale con i voti della mafia, i favori, le prebende.

Non serve la relazione antimafia per scoprire quanti esponenti della maggiornaza che sostiene Bianco e quanti consiglieri dell’opposizione compaiono nel celebre libro mastro di Raffaele Lombardo. Tutti organici dello stesso sistema, tutti a chiedere e ottenere privilegi.

E adesso quest’Assise dovrebbe gestire gli appalti, in una città che ha visto coloro che governano la città, distribuire posti di lavoro al fianco di esponenti della mafia.

Con quali voti sono stati eletti questi consiglieri?

Come si conquistano le preferenze a Monte Po? E a San Cristoforo? Come fa un ragazzino a superare i mille voti? I diretti interessati hanno replicato ampiamente, a Catania, però, il rischio è che diventi “normale” essere stretto congiunto di un mafioso di spicco e sedere in consiglio comunale. Questa normalizzazione è l’altro volto di una consiliatura inutile, che ha il record del non raggiungimento del numero legale nelle sedute, che non è stata in grado di approvare i bilanci preventivi ed è stata commissariata e che sarà ricordata per la conquista dello stipendio grazie alle presenza in commissione e non attraverso battaglie per le cose che servono alla città in consiglio comunale. Una consiliatura che sarà ricordata per il silenzio.

E’ il silenzio degli innocenti.

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