PALERMO – C’è il genero del capimafia Giuseppe Farinella, e c’è Diego Rinella, fratello del boss di Trabia, Salvatore. Ci sono nomi noti alle cronache nel blitz dei carabinieri che nella notte hanno arrestato 33 persone: 24 in cella e 9 ai domiciliari. Sarebbero i capi e gregari della mafia di una fetta della provincia di Palermo.
L’operazione, che ha visto anche un sequestro da 1,5 milioni di euro, è dei militari del gruppo di Monreale e della compagnia di Termini Imerese. A coordinare le indagini il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, l’aggiunto Leonardo Agueci e i sostituti Sergio Demontis, Siro De Flammineis, Gaspare Spedale, Ennio Petrigni, Bruno Brucoli e Alessandro Picchi. Era un decennio che le indagini non fotografavano organicamente i due mandamenti mafiosi. Ancora una volta dalla provincia viene fuori l’immagine di una Cosa nostra arroccata alle vecchie regole, che impone il pizzo, controlla gli appalti pubblici e condiziona la vita amministrativa dei piccoli comuni. Le indagini svelano anche la matrice dell’intimidazione subita nel 2012 dall’allora sindaco di Cerda Andrea Mendola. Gli bruciarono la macchina e si dimise parlando di “clima politico insostenibile”. Di politico si scopre oggi che c’era ben poco. Fu la mafia a metterlo sotto pressione fino a farlo andare via.
Francesco Bonomo, 58 anni, era già finito nei guai nel 2008 nel blitz Perseo quando sempre i carabinieri stopparono la rifondazione di Cosa nostra, a Palermo e provincia. E Bonomo allora veniva considerato uomo forte a San Mauro Castelverde. Alla fine dei processi, però, fu assolto perché una buona fetta delle intercettazioni fu dichiarato inutilizzabile per un vizio di forma. A lui si è arrivati ora seguendo la via dei pizzini che viaggiavano fra San Mauro Castelverde, Polizzi Generosa e Lascari.
Anche Diego Rinella è un volto noto. Già condannato per mafia e sottoposto a misure patrimoniali, Diego è fratello di Salvatore, storico capomafia della zona arrestato nel 2003 dopo una latitanza di otto anni. Lo scovarono in un appartamento di via Pitrè, a Palermo, ospite di una famiglia come tante. Diego Rinella avrebbe proseguito il lavoro del fratello, seguendone anche il modello organizzativo: niente azioni eclatanti per evitare di attirare le forze dell’ordine. Ed era ben saldo il controllo dei territori di Trabia, Termini Imerese, Caccamo, Cerda.
Le nuove indagini hanno svelato il controllo del territorio attraverso il pizzo. Quattro le estorsioni ricostruite senza la collaborazione delle vittime: il costruttore di alcune villette in contrada Sant’Onofrio a Trabia, quello che ha realizzato una scuola a Termini Imerese, quella che sta ristrutturando l’ex cinema Trinacria di Polizzi Generosa, e l’imprenditore che si è aggiudicato l’appalto per ristrutturare l’Ex carcere di Castelbuono. Il clan aveva una grande disponibilità di armi, a anche pesanti. Un capitolo dell’inchiesta viene dedicato ai rapporti – attraverso legami di parentele e interessi economici – fra i due clan e i mafiosi palermitani, svelati dal pentito di Bagheria Sergio Flamia.