CATANIA – Capitali leciti messi a disposizione della mafia. Un azzardo? Forse. Ma potrebbe trattarsi anche di una realtà radicata. Dall’ultima relazione semestrale della Dia emerge chiaramente che uno dei sistemi mafiosi più in “voga” (se così vogliamo definirlo) per racimolare soldi sporchi è il racket dell’usura. E se guardiamo alle inchieste in corso e ai processi aperti a Catania: soldi ne girano tanti. Si parla di giri d’affari a sei zeri. Un esempio su tutti, per dare un quadro del fenomeno criminale, è l’indagine Nero Infinito: l’imprenditore Antonio Chiaramonte (oggi testimone di giustizia) ha chiesto ai Ceusi un prestito di 200 mila euro. Al clan, visti i vertiginosi interessi usurai, sono rientrati in tasca quasi 600 mila euro.
La mafia sarebbe diventata una banca molto “gettonata” da chi ha bisogno di liquidità in questo momento di profonda crisi economica e con un accesso al credito completamente blindato. Una parte del denaro degli usurai arriverebbe da canali di finanziamento esterni alla criminalità organizzata: risparmiatori che scelgono i clan per far fruttare i propri capitali. Le cosche garantirebbero ai “finanziatori” un interesse annuo. Insomma i soldi, formalmente puliti, permetterebbero di far lucrare la mafia.
Per tornare all’inchiesta Nero Infinito, l’usura è una delle attività illecite principali dei Piacenti di Picanello. I Ceusi sarebbero una di quelle cosce che utilizzano capitali formalmente leciti per i prestiti usurai. Insomma si sarebbe creata una vera e propria “fonte finanziaria” dell’usura: la finanziaria dei Piacenti. La cosca garantirebbe agli investitori “puliti” di avere rifondato l’imponibile investito in poco tempo e di avere una rendita annua molto appetibile. Molto appetibile rispetto ai guadagni di un comune deposito vincolato in banca. Quello che però dovrebbe pensare chi decide di rimpolpare le casse dei Piacenti e capire che gli interessi che percepiscono provengono da un reato criminale che si chiama usura.
A parlare del fenomeno (alquanto inquietante) in diversi dibattiti pubblici e convegni sul contrasto al racket è stato l’avvocato Enzo Guarnera, membro dell’associazione Antimafia e Legalità di Belpasso. Al momento ci muoviamo nel campo delle ipotesi, attualmente non sembrano esserci riscontri investigativi (di inchieste conosciute almeno). Quello che si sarebbe creato è un vero e proprio rapporto d’affari con la criminalità organizzata. Un legame che fornisce armi di potere alle famiglie mafiose, che accrescono la loro capacità di controllo sul territorio. E come effetto domino anche il controllo del potenziale consenso sul bacino elettorale.
La “prassi” sarebbe il frutto di quella grande zona grigia presente a Catania, dove i confini tra legalità e illegalità sono molto sottili e latenti. Un confine invece che dovrebbe essere ben marcato, perchè il rischio è diventare complici dell’arricchimento delle consorterie criminali. Senza giri di parole: complici della mafia.