Mafia a Catania, si pente l'uomo del racket al Castello Ursino

Mafia a Catania, il pentimento dell’uomo del racket al Castello Ursino

Ha iniziato a parlare Rosario Bucolo, coinvolto nell'inchiesta Naumachia

CATANIA – La notizia circola da un po’, ma tra qualche giorno, alla ripresa delle udienze e dei processi, arriverà anche il momento della prima deposizione ufficiale in un’aula. Sta rendendo dichiarazioni alla Procura distrettuale antimafia Rosario Bucolo, uno degli indagati della recente operazione “Naumachia”, sugli affari del gruppo mafioso dei Nizza e dei Santapaola a San Cristoforo e nelle adiacenze (via Naumachia è una parallela di via Garibaldi), nel cuore di uno dei quartieri più difficili della città.

È una di quelle svolte inattese che potrebbero in qualche modo scompaginare i piani di una buona fetta di Cosa Nostra catanese. Il personaggio è ritenuto rilevante e attendibile: referente dei Santapaola-Ercolano al Castello Ursino.

Il gip Pietro Currò, nell’ordinanza Naumachia, ricorda che le dichiarazioni dei pentiti Silvio Corra, Salvatore Scavone e Salvatore Sam Privitera lo indicano – appunto – come appartenente al clan dei Santapaola e, in particolare, al gruppo del Castello Ursino. Peraltro Bucolo fu detenuto dal 20 novembre 2014 al 9 gennaio 2019.

Silvio Corra su Bucolo: “Si occupava di estorsioni”

Corra lo ha indicato come “responsabile del gruppo del Castello Ursino del clan Santapaola-Ercolano“, precisando che “si occupava di estorsioni”. Corra aggiunse di averlo conosciuto tramite Salvatore “Mirabella, detto ‘u paloccu”.

Nel 2014 Bucolo sarebbe stato anche destinatario, o quantomeno lo era nelle intenzioni, di una spedizione punitiva, ma il piano fallì – ha riferito Corra – perché lui e altri due furono intercettati dai carabinieri. Altri ancora scapparono. Cosa Nostra avrebbe deciso di colpire Bucolo, allora, perché a lui il clan attribuiva una lettera contenente una minaccia e la richiesta di 500 euro a un medico che era uno specialista di fiducia della famiglia Nizza.

La spedizione punitiva fallita

“lo capii subito che l’autore era stato Bucolo – ha detto Corra – perché questi aveva già preannunciato che avrebbe fatto estorsioni per risollevare le casse del gruppo. Feci vedere la lettera a Saro Lombardo il quale capì che era stato Saro Bucolo e mi incaricò di organizzare una spedizione per picchiarlo”.

Poi, dopo la scarcerazione di Corra, Bucolo sarebbe stato a capo del gruppo del Castello Ursino e avrebbe chiesto a Santo Missale di incontrarlo.

Il referente che si “spaventava” del capo

“Ma Missale mi disse che Bucolo si spaventava di me e che comunque non si faceva vedere mai, io lo mandai a chiamare diverse volte ma lui non venne mai. Devo specificare – aggiunse Corra – che il gruppo del Castello Ursino si trova in posizione subordinata rispetto a quello di San Cristoforo che era da me diretto”.

Da qui il gip, alcuni mesi fa, concluse per l’appartenenza, quantomeno indiziaria – l’ordinanza non valuta innocenze o colpevolezze, ma la sussistenza di gravi indizi ed esigenze cautelari, che per reati i mafia peraltro sono quasi sottintese – al “gruppo del Castello Ursino dal gennaio 2019 al gennaio 2022”.


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