PALERMO – Definitiva la confisca dei beni per circa 150 milioni di euro al boss di Cinisi Andrea Impastato, deceduto nel 2022 e ritenuto un prestanome dei boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.
Ad eseguire il provvedimento di primo grado nel maggio del 2020 sono stati gli agenti della divisione anticrimine della questura di Palermo. Ora la confisca diventa definitiva con il passaggio al patrimonio dello Stato di centinaia di immobili nelle province di Palermo e Trapani. Beni riconducibili ad Andrea Impastato, di Cinisi, arrestato nel 2002 per mafia e deceduto due anni fa.
Il patrimonio confiscato comprende aziende edili e di estrazione di materiale da cava, complessi industriali, capannoni, terreni, beni mobili, conti correnti, depositi e titoli, e un complesso turistico-residenziale a San Vito Lo Capo, località del Trapanese, costituito da numerosi appartamenti e alcune villette. I provvedimenti di confisca sono stati disposti dai giudici del tribunale di Palermo.
Tutti i beni erano riconducibili, direttamente o indirettamente, ad Andrea Impastato, figlio di Giacomo detto “u sinnacheddu”, esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi e legato ai Badalamenti. Un fratello di Impastato, Luigi, 65 anni, venne assassinato a Palermo il 22 settembre 1981, agli inizi della guerra di mafia finita con il predominio dei corleonesi.
Andrea Impastato era stato arrestato il 2 ottobre 2002 per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta su Pino Lipari, finito in manette il 24 gennaio 2002 e condannato in quanto consulente finanziario di Provenzano. Dall’esame del materiale informatico sequestrato a casa di Lipari è emerso che Impastato era stato indicato da Provenzano come amministratore delle ricchezze dei boss. Le successive indagini hanno portato a far emergere una serie di contatti, sia personali che economici, di Impastato con numerosi personaggi di spicco di Cosa nostra, come Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.
L’8 giugno 2005 Impastato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo a 4 di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e libertà vigilata per un anno: era stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa. Il 5 gennaio del 2008 scattò il sequestro dei beni che divenne confisca il 22 maggio 2020. Da oggi il provvedimento è definitivo.