Mafia: "parola d'ordine" per il pizzo a Dusty e Mosema - Live Sicilia

Mafia: “parola d’ordine” per il pizzo a Dusty e Mosema

Il racket dei Santapaola: nelle carte dell'operazione di ieri anche il presunto tentativo di estorsione. La replica della società

CATANIA – “Spazzatura: 9000 per tre mesi: 1500 Acicat., 1500 Pican., 6000 noi. 30 gennaio“. Dal libro mastro delle estorsioni al pizzino del racket il passo è breve. Nelle 1300 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione antimafia Agorà, costata ieri le manette intorno ai polsi di 56 persone, c’è la “carta” del pizzo. Un documento manoscritto dentro al quale un gruppo della famiglia Santapaola-Ercolano appuntava, una cifra dopo l’altra, i soldi da riscuotere e come dividerli. L’immondizia, per loro, era affare remunerativo.

Il primo dei protagonisti di questa storia è il boss Salvatore Rinaldi, detto Turi Millimachini per via della sua autofficina, a cui sarebbe spettato un ruolo di coordinamento degli affari di Cosa nostra etnea, almeno dopo l’uscita di scena di Antonio Tomaselli, detto Penna bianca, arrestato nel 2017. “Devono arrivare i soldi della spazzatura”, dice Rinaldi ad agosto 2018, parlando con Michele Schillaci, responsabile del gruppo dei Nizza, gli armatissimi narcos del clan Santapaola. Il punto è uno, spiega Rinaldi ormai quattro anni fa: bisogna essere certi che qualcuno si occupi dell’estorsione alle ditte che si occupano dell’immondizia.

A quel tempo i riflettori del clan sono puntati su due aziende in particolare: la Mosema di Mascalucia e la Dusty di Catania. E da entrambe non stava “arrivando niente” da un po’. Schillaci risponde, prende tempo, dice di averne parlato con il gruppo dei referenti di Picanello del clan: “Dice che c’erano le guardie”. Qualcuno avrebbe detto a Schillaci che “là dentro (alla Dusty, ndr) ci sono le guardie. Perciò diamogli tempo che un mese, due mesi… Per potere sbloccare questa situazione e la sblocchiamo“.

Passa qualche settimana e il racket sull’immondizia torna al centro della conversazione. Stavolta partecipa anche Carmelo Fallara, detto Melo ‘u calabrisi, ritenuto affiliato di spicco del gruppo del Villaggio Sant’Agata. È lui ad annunciare che prenderà informazioni su Mosema: è amico di un politico locale, dice, oltre che di un lavoratore dell’azienda. E Schillaci aggiunge: in Mosema lavora pure il fratello di Francesco Santapaola, classe 1979, ex reggente della famiglia. Insomma, i contatti con la ditta di Mascalucia ci sono. Andrebbero solo fatti fruttare. Cosa che però, a giudicare dalle intercettazioni, non accade.

Passa dell’altro tempo e l’interesse per Mosema sembra sfumare, mentre si fa più acceso quello per la Dusty. È gennaio 2019, le dichiarazioni del pentito Salvatore Bonanno arrivano all’orecchio anche di chi è fuori: Michele Schillaci sa che nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia c’è la “carta delle estorsioni”. E siccome il gruppo di Picanello dei Santapaola aspetta soldi dalla spartizione di quell’entrata tanto attesa, Schillaci è costretto ad avvisarli. Anche perché al suo orecchio sarebbe arrivato un messaggio: “Questa sta mandando a dire che un momentino, facciamo passare qualche mese. Solo che questa signora è da un anno che non si fa sentire“.

La signora in questione sarebbe stata Rossella Pezzino De Geronimo, nota imprenditrice catanese e titolare della Dusty, società che si occupa della raccolta dei rifiuti urbani nel capoluogo etneo e in molti altri centri della provincia. A proposito di Dusty, nel 2017 il pentito Bonanno dichiara di avere saputo che “l’associazione ne aveva il controllo“. E aggiunge: “Per incontrare il dirigente della Dusty e farsi riconoscere bisognava dire una parola chiave“. Nota soltanto ad alcuni. Tanto che Schillaci, parlando con Rinaldi, annuncia che cercherà di farsela rivelare. E Rinaldi interviene: “La possiamo beccare in qualsiasi momento. Ci andiamo, come esce dalla putìa la fermiamo, a lei e a suo figlio… Ci va a mangiare tutti i giorni”. Un incontro con l’obiettivo di chiedere a Pezzino conto e ragione del denaro non versato.

“Quelle a proposito di Dusty sono dichiarazioni assolutamente fantasiose e prive di qualunque riscontro“, dice a LiveSicilia l’avvocato Antonino Lupoi, penalista di fiducia dell’azienda. “La Dusty ha sempre denunciato ogni tentativo di estorsione e, a supporto di quanto dichiariamo, ci sono le decine di denunce e i procedimenti giudiziari, poi arrivati a condanna, che da esse sono scaturite – aggiunge il legale – Ci riserviamo di approfondire con gli atti e siamo certi che la magistratura arriverà in fondo a questa storia“.

“In pausa pranzo, come quasi tutti gli imprenditori e lavoratori della zona industriale, frequento una trattoria del luogo, cosa nota a tutti”, replica Rossella Pezzino De Geronimo, smentendo di essere mai stata raggiunta o contattata da qualcuna delle persone coinvolte nel blitz di ieri. “Respingo con sdegno questo volgare tentativo di creare confusione – aggiunge – Altro che parole d’ordine e menzogne colossali: Dusty ed i suoi amministratori sono sempre stati inavvicinabili”. E conclude: “Siamo a disposizione sin da subito degli inquirenti per smascherare questi finti collaboratori che evidentemente tentano di avvelenare i pozzi per propri regolamenti di conti o magari per colpire proprio chi non sono riusciti a piegare e questo è un aspetto che deve essere chiarito immediatamente“.


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