CATANIA – Nuovo capitolo dell’indagine iblis. I Carabinieri del Ros hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro dei beni emesso dal Tribunale di Catania – Sezione misure di prevenzione (su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica) – nei confronti di Ferdinando Bonanno, imprenditore emerso nell’ambito dell’indagine Iblis poiché legato ad esponenti apicali della famiglia di cosa nostra catanese Santapaola Ercolano. Il provvedimento, che ha per oggetto il 6% delle quote azionarie della Eurospin Sicilia S.p.A. già intestate a Ferdinando Bonanno fino alla data del suo decesso (27.03.2014) ed attualmente riconducibili ai suoi eredi, scaturisce dalle risultanze emerse nel corso della indagine Iblis con la quale, come si ricorderà, venivano tratti in arresto 50 indagati ritenuti a vario titolo responsabili di partecipazione in associazione mafiosa (famiglie di cosa nostra di Catania, Caltagirone e Ramacca), concorso esterno in associazione mafiosa, omicidio, distruzione di cadavere, estorsioni, intestazione fittizia di beni ed altri delitti tutti aggravati dalle finalità mafiose.
In questo contesto investigativo emergeva infatti la figura di Ferdinando Bonanno il quale all’epoca, oltre ad essere titolare della indicata quota azionaria della Eurospin Sicilia, ricopriva in essa la qualifica di responsabile del settore sviluppo e quindi operava nella individuazione dei luoghi per l’apertura di nuovi punti vendita della società in parola. In tale veste Bonanno, al fine di aprire nuovi punti vendita ed espandere l’azienda nel territorio isolano, sarebbe entrato in contatto con esponenti apicali di cosa nostra catanese e ancje di altre famiglie mafiose che operano in diverse aree della Sicilia; attraverso questo legame Bonanno avrebbe ottenuto indubbi benefici nello svolgimento delle sue attività e, nel contempo, si sarebbe messo a disposizione di cosa nostra garantendo talvolta ad esponenti della medesima associazione la gestione di alcuni supermercati o comunque altri benefici sia in termini economici che nell’assunzione di soggetti segnalati dal sodalizio. Nell’ambito della indagine Iblis emergeva il particolare legame che Bonanno aveva con i fratelli Vincenzo Aiello (all’epoca rappresentante provinciale della famiglia mafiosa Santapaola – Ercolano) ed Alfio, nonché con il noto Rosario Di Dio (esponente apicale della articolazione di cosa nostra attiva nel territorio di Ramacca e Palagonia). Attraverso i fratelli Aiello, Bonanno si sarebbe messo a disposizione di cosa nostra agrigentina, al tempo rappresentata dall’allora latitante Giuseppe Falsone, per l’apertura di nuovi punti vendita in quel territorio; l’avvicinamento da parte dell’imprenditore avvenuto grazie ai catanesi veniva salutato con favore da Falsone che, sfruttando questa nuova opportunità e investendo della questione l’allora capo di cosa nostra Bernardo Provenzano per il rispetto delle regole circa la competenza territoriale, avrebbe cercato di scalfire il progetto di espansione nell’agrigentino di altra catena di supermercati promosso da Matteo Messina Denaro.
Analoghe dinamiche sono state documentate sempre grazie alla indagine Iblis con riferimento al territorio della provincia di Catania dove, in particolare a Palagonia, per l’apertura di un nuovo supermercato Bonanno si sarebbe relazionato con Rosario Di Dio e avrebbe promosso l’acquisto di un terreno indicato dall’associazione mafiosa, trattando direttamente con Di Dio e non con il venditore. L’operazione, di contro, avrebbe assicurato a Bonanno il sostegno di tale consorteria per ottenere tutte le necessarie autorizzazioni urbanistiche e commerciali presso la pubblica amministrazione competente che, secondo le ricostruzioni degli investigatori, era all’epoca pesantemente infiltrata da cosa nostra e rappresentata al vertice dal sindaco pro tempore Fausto Fagone (anche egli, come Di Dio, tratto in arresto in esito alla indagine Iblis). Anche grazie alle risultanze della indagine Ferdinando Bonanno è stato condannato il 27.05.2013 dalla Corte di Appello di Palermo alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione poiché ritenuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa. Il provvedimento colpisce un patrimonio azionario del valore stimato in circa 3.600.000 euro.