Santapaola: la "holding" della mafia |Inchiesta chiusa, 50 indagati NOMI - Live Sicilia

Santapaola: la “holding” della mafia |Inchiesta chiusa, 50 indagati NOMI

Cosa nostra: l'asse tra Catania e Messina.

Operazione Beta
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CATANIA- Una mafia camaleontica, capace di infiltrarsi nei tessuti finanziari, imprenditoriali e affaristici. Un nuovo modo di operare dei boss, che invece di armarsi di pistole fumanti scelgono la diplomazia mafiosa. Si utilizza ancora l’intimidazione del cognome ma non i colpi di lupara. Per chiudere affari si usa la loquacità e la capacità del manager, che gestisce una holding. L’operazione Beta della Dda di Messina ha sancito questo nuovo metodo mafioso: una strategia che cerca di camuffarsi tra il jet-set che conta per trovare spazi per riciclare denaro e arricchire le casse del clan. E il clan è quello dei Santapaola di Catania. Ma in fondo il sistema criminale di Nitto, il padrino indiscusso di Catania, era in parte già questo negli anni Ottanta. Il capo di Cosa nostra catanese indossava la giacca e la cravatta nelle occasioni commerciali e istituzionali, e stringeva le mani dei personaggi che contavano del mondo imprenditoriale e anche politico alle falde dell’Etna. Primi fra tutti i cavalieri, o come li chiamava il giornalista ucciso dalla mafia Pippo Fava i ‘quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa’. Nitto però sapeva trasformarsi nel boss spietato: che non perdonava affronti. E commissionava omicidi.

Quaranta anni dopo, il nipote di Nitto, Vincenzo Romeo (figlio di Concetta Santapaola) sceglie di seguire le orme dello “zio” e crea una cellula mafiosa a Messina. Una costola mafiosa che ha mantenuto i radicali legami con Catania ma è riuscita a creare anche un network di contatti che superano anche lo Stretto. Contatti con le altre organizzazioni criminali (‘ndrangheta e sacra corona unita), imprenditori, funzionari e anche (aspetto inquietante, ndr) con esponenti delle forze dell’ordine. Tra gli affari maggiormente redditizi il gioco d’azzardo. A capo della costola messinese dei Santapaola gli investigatori inseriscono proprio Vincenzo Romeo, figlio di quello “Zu Ciccio” (Francesco Romeo, ndr) di cui parla in un verbale anche il pentito Santo La Causa, ex reggente di Cosa nostra catanese. “A Romeo – scrive il Gip – può intestarsi il titolo di rappresentante della nuova mafia”.

L’inchiesta Beta si è appena chiusa: l’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato a cinquanta indagati, tra Catania e Messina. E tra i nomi troviamo tutta la famiglia Romeo: il padre, Francesco, e i fratelli di Vincenzo, Pasquale, Benedetto e Gianluca. Ma ci sono anche avvocati, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine oltre a soldati messi in busta paga dai Santapaola.

CINQUANTA INDAGATI. Francesco Altieri, Antonio Amato, Giuseppe Amenta, Stefano Barbera, Domenico Bertuccelli, Giovanni Bevilacqua, Salvatore Boninelli, Carlo Borella, Bruno Calautti, Roberto Cappuccio, Giovanbattista Croce, Raffaele Cucinotta, Marco Daidone, Antonio Di Blasi, Caterina Di Pietro, Salvatore Galvagno, Silvia Gentile, Stefano Giorgio Piluso, Biagio Grasso, Mauro Guernieri, Fabio Laganà, Carmelo Laudani, Guido Lavista, Antonio Lipari, Salvatore Lipari, Andrea Lo Castro, Franco Lo Presti, Paolo Lo Presti, Fabio Lo Turco, Gaetano Lombardo, Giovanni Marano, Lorenzo Mazzullo, Italo Nebiolo, Benedetto Panarello, Salvatore Piccolo, Alfonso Resciniti, Antonio Rizzo, Antonio Romeo, Benedetto Romeo, Francesco Romeo, Gianluca Romeo, Maurizio Romeo, Pasquale Romeo, Vincenzo Romeo, Pietro Santapaola, Vincenzo Santapaola (classe ’64), Vincenzo Santapaola (classe ’63), Filippo Spadaro, Giuseppe Verde.


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