PALERMO – Da un lato le imprese dall’altro il racket del pizzo che strangola imprenditori e commercianti . Sono questi gli attori principali del processo sul giro di estorsioni in città scaturito dall’operazione Hybris, che nel luglio del 2011 portò all’arresto di 39 persone e alle successive condanne per oltre duecento anni di carcere, smantellando di fatto le cosche mafiose di Pagliarelli e Borgo Vecchio. Stamane la terza sezione penale del tribunale di Palermo, presieduta dal giudice Vincenzina Massa, ha inflitto pene per oltre sessanta anni di carcere ai sei imputati che hanno scelto di essere giudicati in rito abbreviato.
La pena più alta è stata inflitta a Luigi Abbate, detto “Gino u Mitra”, condannato a 21 anni di reclusione perchè considerato, come dimostrato dal Pm Maurizio Agnello, a capo della famiglia mafiosa della Kalsa. Sembra che infatti oltre a dirigere la famiglia Abbate coordinasse l’imposizione delle estorsioni alle attività commerciali ricadenti nel suo territorio. Insieme a lui gli altri imputati che avevano il compito di riscuotere la “messa a posto” direttamente dagli imprenditori: tutti rispondono, infatti, delle accuse di associazione mafiosa ed estorsione. Dieci anni di carcere sono stati inflitti a Salvatore Ingrassia, 9 anni e 8 mesi a Ivano Parrino e Vincenzo Vullo. Condannato a 7 anni e 6 mesi di carcere Valerio Mendola, che insieme all’imputato Serafino Dolce, condannato a 5 anni, chiesero il pizzo all’imprenditore palermitano Carlo Russo, socio del marchio delle pizzerie ‘Fratelli La Bufala’. La sentenza emessa oggi dalla Corte ha condannato gli imputati a risarcire le associazioni di categoria delle associazioni antiracket costituite parte civile con ottomila euro ciascuna. Stesso risarcimento per la società Fratelli La Bufala. A Russo e all’imprenditore edile Francesco Morgante, che hanno denunciato il racket delle estorsioni, andranno 15mila euro ciascuno di risarcimento.