Mafia, boss e politici intercettati: favori, assunzioni, voti e accuse

Mafia, boss e politici intercettati: favori, assunzioni, voti e accuse

Le accuse degli inquirenti e la replica del sindaco di Paternò
L'INCHIESTA CATANESE
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CATANIA – Un patto elettorale con esponenti della mafia, intercettazioni, incontri e la prova di assunzioni fatte in campagna elettorale, l’ordinanza del Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo con 12 arresti: sullo sfondo le elezioni di Paternò con possibili ombre sul sindaco Nino Naso, riconfermato e indagato con due politici.

Ma il Gip ha rigettato la misura nei suoi confronti, la Procura dovrebbe fare ricorso. Ecco cosa c’è negli atti al centro dell’ultimo blitz dei carabinieri, l’operazione Athena, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e curata dai pm Barbara Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti.

Il “patto”

L’accusa è di concorso in scambio elettorale politico mafioso, il sindaco di Paternò Nino Naso è indagato con l’assessore Pietro Cirino, arrestato insieme al boss Vincenzo Morabito e a Natale Benvenga. Indagato anche il barbiere Salvatore Comis, che nel 2021 rischia di diventare candidato sindaco, ma poi fa l’accordo con il primo cittadino Nino Naso: e diventa assessore.

Diciannove marzo del 2021, le cimici dei carabinieri registrano le conversazioni all’interno della sala da barba di Salvatore Comis. Natale Benvenga, ritenuto un esponente del clan Laudani, parla apertamente di un progetto elettorale che lo coinvolge: “Ora ci mettiamo a fare … già lo sanno tutti che devono votare Salvatore Comis, vota e fai votare a Turi Comis”.

E poi, “l’affiliato” ci scherza: “Altrimenti, gli scoppiamo le ruote delle macchine”. Comis, risponde, con un atto di ossequio: “Io ti posso dire, Natale, che non ti deluderò e tu lo sai”.

Il cruccio degli indagati, a un anno dal voto, è quello di trovare un candidato sindaco alternativo a Nino Naso, “noi altri – dice Comis mentre Benvenga annuisce – siamo l’ago della bilancia, siamo qua e siamo là“.

In quel momento, nessuno scommette sul secondo mandato di Nino Naso: “Altri dodici mesi – trascrivono i carabinieri – ragazzi e poi sono finite tutte cose, per me questo non sale più”. “C’è qualche stupido che ancora ci crede – insiste Benvenga – perché poi è il sindaco dei morti e dei matrimoni”.

L’invito

Benvenga invita Comis a candidarsi a sindaco “e basta” e si autonomina “vicesindaco”. Subito dopo chiede di indicargli il nome di una ragazza per candidarsi “a coppia” e puntare sulla doppia preferenza. “Questo curnuto – dice riferendosi a Nino Naso – lo dobbiamo fare andare”.

I carabinieri continuano le indagini e il 14 aprile del 2021, attraverso un cellulare, registrano una conversazione tra Nino Naso e il boss Vincenzo Morabito; gli investigatori sono convinti che il tono confermi che “quella non fosse la loro prima occasione d’incontro”.

Morabito chiede, con toni “tipici dello stile mafioso”, un “posto” e il sindaco risponde: “Questo qua lo stiamo vedendo”. Morabito parla di “impegno…di più interessa quello della spazzatura…” e il primo cittadino: “Lì c’è un bordello e siamo tenuti così…e lì vorrei un poco…”. E poi, Naso, saluta il boss: “Mi ha fatto piacere vederla”.

La procura accerta che, pochi mesi dopo, vengono assunti dalla Dusty Giuseppe Michael Vinciullo, figlio di Vincenzo Vinciullo, “storico esponente del clan Morabito-Rapisarda” e Vincenzo Alberto Sammartino, fratello di Rosario Sammartino, “arrestato, con Salvatore Assinnata e altri componenti dell’omonimo clan, nell’operazione Assalto e cognato dell’indagato Emanuele Salvatore Pennisi”.

Il rinnovo dei contratti

Gli inquirenti parlano di “documentati contatti” tra Pietro Cirino, Emanuele Pennisi e Nino Naso, e ancora, tra Pennisi e il boss Vincenzo Morabito: “Sono stato al Comune, avevano fatto scoppolare tutti quanti quei carusi”. Le cimici documentano anche la sollecitazione di Pietro Cirino a “risolvere il problema con la Dusty”.

E quando, nel febbraio del 2022, il contratto di Sammartino rischia di non essere rinnovato, subito viene contattato Pennisi, sottolineando che “non avrebbero dato voti a nessuno e che potevano anche morire”. Dopo l’avvertimento, arriva il rinnovo del contratto.

“Abbiamo perso voti”

I carabinieri registrano una conversazione tra un candidato al consiglio comunale e un esponente dell’amministrazione guidata da Nino Naso, non indagati, che parlano dei voti “persi” da parte di una famiglia che li aveva votati in precedenza, ma che adesso avevano promesso il sostegno a Antonio Tomaselli, genero dell’assessore Pietro Cirino, che aveva fatto assumere un loro parente, “il genero di Giovanni Rau”, cioè Vincenzo Sammartino, come operaio alla Dusty.

Un’operazione fatta “dal sindaco Naso”, lasciano intendere, ma che Cirino “si era potuto vendere”. I due parlano anche della possibilità che, con la riconferma di Naso, l’operaio sarebbe diventato “effettivo”, cioè assunto a tempo indeterminato.

L’azzeramento della giunta

Gli inquirenti monitorano le fasi che precedono l’azzeramento della giunta in vista delle elezioni e annotano le conversazioni tra Pietro Cirino, Natale Benvenga, la figlia Elizabeth e Vincenzo Morabito. Al centro dei dialoghi ci sono le strategie che coinvolgono direttamente Comis. Benvenga è esplicito: “Ora ci parlo con Turi Comis, senza ricatto”.

Ma Cirino è perplesso sul ruolo politico che potrebbe avere “il barbiere…e appunto, perché non c’è nessuno che si mette avanti”. Benvenga è contro Nino Naso in quel momento, per una questione di favori. “Quando è stato di mia nipote a Nino Naso – dice il presunto affiliato – io gli ho domandato un favore dopo tutto quello che ho fatto...volte mi sono incontrato per fargli quei favori”.

“Tu non puoi ammuttare…”

Cirino spezza una lancia a favore di Naso, “non ti credere che certe volte le può fare”. E Benvenga insiste: “Tu a mio nipote me l’hai fatto mettere in un posto che poi so anche a chi hai favorito”. A questo punto Cirino propone di puntare sul cavallo vincente: “Se tu gli metti tutti a chi metti, metti… tu non puoi “ammuttare” cioè spingere a nessuno … tu ti devi mettere con chi vince io perché mi devo andare a mettere con quello che perde?“.

E “l’affiliato” risponde: “Perché ti promette”. Cirino non ha dubbi: ‘Può tornare utile perché ci sono i lavori pubblici, ci sono le cose… quantomeno ci sono le indicazioni dove devono andare a prendere il materiale, l’impresa e le cose… questo… “.

“Se sale Nino Naso…”

E il presunto affiliato rompe gli indugi: “Se sale Nino Naso la cosa che vogliano, ci deve dare…per pulire il verde egli mettiamo operai e facciamo lavorare 7/8 cristiani, e non te lo dà perché ha i suoi … i suoi interessi… allora dammi la pulizia del cimitero… e non te la dà perché ha i suoi… “.

In ballo c’è la candidatura a sindaco del barbiere, ma Benvenga dà il via all’accordo con Nino Naso e lo comunica al barbiere: “Ora invece se tu, per esempio, ti allei con Nino Naso e li lasci stare a tutti… “. Comis: “Mi alleo con Nino Naso?”. E Benvenga insiste: “Li lasci stare a tutti”. Comis: “che vuoi dire mi alleo con Nino Naso?”. Benvenga: “con Nino Naso, lo favorisci”.

Il transito

Nel giugno del 2021 Cirino e il gruppo Paternò 2.0 passano in maggioranza. Lui diventa assessore e, qualche mese dopo, anche Salvatore Comis diventa assessore, allo Sport. Cirino, a pochi mesi dalle elezioni, parla col boss Morabito, che lo esorta: “Nino mi dice ci devi dare una mano… Naso me l’ha promesso, non ti preoccupare”.

Il pranzo e la telefonata

Gli investigatori monitorano i rapporti tra Naso e Benvenga, durante un pranzo da Pietro Cirino, il sindaco e un esponente del governo regionale estraneo alle indagini. Il primo contatta Natale Benvenga, chiamandolo “ragioniere” e invitandolo a passare “per un caffè”.

Ma Benvenga risponde di “no” perché “è tornato a casa questa mattina alle otto”. Cirino viene anche intercettato con Vincenzo Morabito, mentre fa presente che avrebbe candidato il genero Antonio Tomaselli. Ma teme la candidatura di Enzo Miceli, consuocero del boss mafioso Salvatore Assinnata.

L’antimafia

Analizzando i rapporti tra Cirino e Morabito, viene registrata una telefonata sulla confisca definitiva della casa del boss. Il boss chiede all’assessore di “interessare” qualcuno dell’associazione antiracket di Paternò per capire se fosse possibile impedirne l’esproprio e il politico si mette a disposizione.

Cirino rassicura anche il genero sul potenziale numero di voti che può ottenere alle elezioni, contando sul sostegno di Natale Benvenga, Emanuele Pennisi e Vincenzo Vinciullo. A Comis non scatta il seggio, ma diventa assessore alle Attività produttive. Antonio Tomaselli vince e diventa consigliere comunale e il boss raccomanda che non si sarebbe dovuto montare la testa.

Le conclusioni del Gip

Il Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo analizza le “utilità” al centro della contestazione ed esclude “i necessari gravi indizi di reato” a carico del sindaco Nino Naso. Il Gip annota che “anche a volere individuare un nesso di corrispettività tra la richiesta avanzata dal Morabito…” la successiva assunzione presso la Dusty Srl delle due persone vicine all’associazione mafiosa e il sostegno elettorale in ipotesi garantito dalla stessa, tramite la candidatura di Comis”, non sarebbero “utilità” e non si configurerebbe la “promessa”.

Il Gip sottolinea il “protagonismo concretamente assunto dal Benvenga nell’iniziativa politica attuata tramite il Comis”, concordata con Cirino alla presenza del “capomafia Vincenzo Morabito”. Ma non sarebbe stata dimostrata l’accettazione di Comis “della promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni”.

La replica di Nino Naso

Il sindaco Nino Naso, contattato da LiveSicilia, manifesta “come sempre la mia piena fiducia nel sistema giudiziario e nei giudici che saranno chiamati a valutare il mio operato. So di essere estraneo all’accusa che mi è stata mossa di voto scambio dal momento che tutta la mia vita è stata improntata al massimo rispetto della legge e per nulla al mondo avrei mai abdicato ai principi di correttezza e onestà cui ho uniformato al mio agire privato e pubblico.

Apprendo, sempre attraverso gli organi di stampa, che il Giudice per le Indagini Preliminari ha rigettato la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Procura della Repubblica nei miei confronti per mancanza dei gravi indizi, ovvero di elementi idonei a ritenere fondata l’accusa mossa nei miei confronti.

Confido, pertanto, che questa vicenda possa a breve concludersi e, nelle more, mi permetto di invitare le opposizioni -ed anche la stampa- ad un maggiore rispetto, se non del sottoscritto, del provvedimento emesso dal GIP presso il Tribunale di Catania, il quale esclude responsabilità penali a mio carico”.


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