PALERMO – “Ruggeri doveva morire, lo doveva ammazzare Pecoraro”, dice Vito Galatolo. Se sono vere le parole del pentito, dunque, Giuseppe Ruggeri è scampato alla sentenza di morte solo perché la ruota del destino ha girato a suo favore. “Doveva morire” una notte di quattro anni fa, mentre da un’altra parte della città veniva assassinato Davide Romano e il suo corpo caricato nel bagagliaio di una Fiat Uno. Nudo, legato mani e piedi, e con un proiettile di pistola piantato nella nuca.
Sono vere le parole di Galatolo, boss dell’Acquasanta che ha scelto di collaborare con la giustizia? È la cronaca a far pendere l’ago della bilancia sulla sua attendibilità. La cronaca di quello che, già nell’aprile di quattro anni fa, era sembrato un agguato mancato solo per pura casualità.
Un uomo, nel cuore della notte, si nascondeva dietro le macchine parcheggiate in corso dei Mille. Alla finestra di un appartamento qualcuno che non riusciva a prendere sonno lo vide, alzò la cornetta del telefono e digitò il 113. Pensò che stesse rubando un’automobile. Gli agenti di una volante piombati sul posto capirono subito che non si trattativa di un ladro. Nicolò Pecoraro, 68 anni, evaso dagli arresti domiciliari, era lì con una pistola calibro 7.65 in pugno. Mentre arrivavano i poliziotti era già dentro l’androne del palazzo. Un palazzo della periferia palermitana dove abitava Giuseppe Ruggeri, genero di Salvatore Lauricella, u Scitilluni, boss del rione Kalsa arrestato dopo un periodo di latitanza. Ruggeri e Romano nell’aprile del 2008 erano finiti in carcere assieme per droga. Da subito i carabinieri ipotizzarono che Ruggeri e Romano avessero commesso uno sgarro che qualcuno aveva deciso di fargli pagare, ammazzandoli tutti e due. La stessa sera.
Pecoraro era grande amico del padre del mafioso del Borgo Vecchio trovato morto nel bagagliaio. Si volevano un gran bene Pecoraro e Giovan Battista Romano, inghiottito dalla lupara bianca a metà degli anni Novanta perché tacciato di essere uno sbirro. Ecco perché non era stato escluso che, al contrario, Pecoraro, venuto a conoscenza della scomparsa di Romano, poche ore avrebbe deciso di vendicare il figli dell’amico.
Le dichiarazioni di Vito Galatolo ora, invece, darebbe forza alla prima ipotesi: Pecoraro era lì per ammazzare Ruggeri. È un segreto che si è portato nella tomba. Qualche mese dopo essere stato fermato armato di pistola, Pecoraro è morto nel carcere di Messina. Stava male da tempo. Aveva pure subito un trapianto di cuore. Lo trovarono privo di vita nella sua cella dove era stato trasferito dopo un ricovero all’Ismett di Palermo. In carcere stava scontando una condanna definitiva per un omicidio solo tentato. Non come quello di Davide Romano consumato, racconta Galatolo, dentro una stalla. Il picciotto era entrato in contrasto con Calogero Lo Presti, che allora guidava il mandamento di Porta Nuova.