PALERMO – “L’impianto di distribuzione di carburante ad insegna Ip ubicato a Palermo in corso Tukory angolo via Arcoleo sarebbe, indirettamente, a disposizione di Cosa Nostra”.
Così si leggeva in una vecchia informativa, ora ripresa dal giudice per le indagini preliminari Walter Turturici nell’ordinanza di custodia cautelare che la settimana scorsa ha raggiunto nove persone. Secondo l’accusa, ci sarebbero i fratelli Cosimo e Giorgio Vernengo dietro la gestione di alcuni distributori di carburante in città. Distributori che, attraverso un complesso sistema di false fatturazioni, avrebbero fatto sfuggire affari milionari al controllo del fisco. Non solo, agli automobilisti veniva erogata meno benzina di quanto venisse indicata nella colonnina digitale.
Sono stati i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria a studiare le gestioni passate e presenti dell’impianto. Per ultimo sarebbe stato affidato a Carmelo Genovese, sotto la regia di Natale Di Cristina, ma è sin dagli anni ’90 che l’impianto ha attirato l’attenzione degli investigatori. In principio fu il Gico a svelare gli interessi di Giuseppe Urso, sposato con una Vernengo, Rosa, sorella di Cosimo Vernengo. Urso e Vernengo sono di recente tornati entrambi in carcere dopo essere stati scagionati dall’accusa di avere partecipato alla strage Borsellino.
Per gestire l’impianto Urso si sarebbe servito del figlio Francesco, pure lui finito di recente nei guai giudiziari. Sarebbe stato lui, infatti, a sparare a Luigi Cona, scatenando la follia culminata nell’omicidio di Mirko Sciacchitano. Ora lo ritroviamo anche nell’affare delle pompe di benzina, molto attivo assieme agli zii Giorgio e Cosimo Vernengo. In realtà, anche la presenza di Genovese nell’ultimo periodo sarebbe fittizia perché il vero gestore sarebbe stato Cristofalo Di Caccamo, cognato di Antonino Lo Nigro, un tempo reggente della famiglia mafiosa di Brancaccio.
Nel passaggio di mano in mano Cosa Nostra sarebbe stata una costante nella gestione della pompa di benzina di corso Tukory.