TRAPANI – La sua scalata imprenditoriale si sarebbe “indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. La confisca della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani colpisce il costruttore Calcedonio Di Giovanni, accogliendo la proposta della Direzione investigativa antimafia di Palermo e Trapani. Un impero economico il suo che vale poco meno di mezzo miliardo di euro.
Originario di Monreale, Di Giovanni, viene descritto come “imprenditore spregiudicato” entrato in in affari anche con mafiosi di Castelvetrano, tra cui Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro, e in contatto con Pino Mandalari, il commercialista di Totò Riina. “L’esistenza di collegamenti fra mafia, massoneria e affari trasuda – sostengono gli investigatori – da tutti gli atti di questo procedimento nella parte in cui viene in ballo il ruolo degli istituti di credito preposti al controllo dell’avanzamento dei lavori finanziati. Vennero erogate immense quantità di denaro in assenza totale di controlli e qualche volta con la chiara dimostrazione agli atti dell’assenza dei presupposti per continuare a finanziare l’opera”.
Il riferimento è anche alla condanna per truffa patteggiata negli anni scorsi dall’imprenditore che avrebbe incassato finanziamenti statali e comunitari per costruire strutture turistico alberghiere nel Trapanese. Strutture in realtà rimaste ferme alla fase progettuale oppure i cui costi di realizzazione sarebbero stati gonfiati a dismisura.
Per tracciare la pericolosità sociale di Di Giovanni gli uomini della Dia raccontarono il suo recente tentativo di sottrarre il patrimonio alla scure delle misure di prevenzione. Nel giugno 2014 avrebbe costituito in Inghilterra la società “Titano real estate limited” che si occupava di gestione di villaggi turistici con domicilio fiscale italiano nel villaggio Kartibubbo. L’amministratore della società, un mazarese, ha aumentato il capitale. Si è passati dagli originari 100 euro agli 11 milioni di euro versati dal socio “Compagnia immobiliare del Titano” con sede a San Marino. I soldi riguardavano il ramo di azienda costituito da un centinaio di immobili nel villaggio turistico. Una manovra organizzata da Di Giovanni, sostiene l’accusa, per evitare il sequestro e mantenere saldo in mano il potere.
Ed invece il sequestro prima e la confisca ora si sono abbattuti sul patrimonio che comprende decine e decine di terreni e case in provincia di Trapani e Palermo. E una sfilza di società: “Titano real estate limited, “Compagnia immobiliare del Titano”, Il Cormorano, Fimmco, “Campobello park corporation, “Immobiliare La Mantide”, “Associazione orchidea club, “Selinunte country beach, alcune quote del “Selene residence” di Campobello di Mazara, “Parco di Cusa vita e vacanze, Dental house, Numidia srl. Molte di queste società erano già in liquidazione
Una conferma alla ricostruzione della Dia è arrivata pure dal racconto di Vito Roberto Palazzolo, il finanziere di Terrasini arrestato dopo una lunga latitanza in Sudafrica. Negli anni Settanta, quando Palazzolo viveva in Germania, aveva incontrato dei soci tedeschi, “imprenditori e politici”, per realizzare il complesso turistico a Campobello attraverso la Corporation Park. È una delle società sequestrate a Di Giovanni. “Erano stati frapposti diversi ostacoli burocratici – spiegava Palazzolo – e il sindaco Nenè Passanante si era opposto al progetto”. A quel punto, però, sarebbe stato chiesto “un sostegno ad un certo Centineo che a sua volta si era rivolto a Nenè Geraci che incontrò Passanante”. Geraci, ormai deceduto, è stato il padrino della cosca mafiosa di Partinico.
Come andò a finire lo ha ricostruito sempre Palazzolo, sostenendo che “le vicende si appianarono mediante i pagamenti quando si rivolsero ad un progettista di area socialista, tale ingegnere Toscano”. Parlando di “pagamenti” intendeva dire mazzette e lo spiegava subito dopo: “I fondi per il pagamento delle tangenti vennero recuperati attraverso una sopravvalutazione dell’opera, apparentemente indicata in due miliardi e mezzo di lire mentre ne sarebbero bastati due miliardi”. A quel punto l’ingegnere Toscano avrebbe presentato un “tale Pantalena che aveva ricevuto l’appalto per la ricostruzione del paese di Santa Ninfa dopo il terremoto del ’68”. Solo l’intervento della politica, però, avrebbe messo a posto le cose. Palazzolo ha ricordato che “Toscano presentò tale Vito Cusumano, onorevole socialista, che fu la persona che riuscì a risolvere i problemi autorazzativi con le tangenti”. Cusumano, anche lui nel frattempo deceduto, è stato ex sindaco di Salemi, ma soprattutto eletto deputato per due legislature e componente della Commissione lavori pubblici.
E in effetti l’affare andò in porto: “Il sindaco Passanante aveva proposto di cedere la società. La Campobello Park venne venduta con l’intermediazione di Nino Geraci ad un certo Calcedonio Di Giovanni. Era il residence Kartibubbo”. Geraci ricevette 20 milioni di lire a titolo di commissione che spese per comprare una villetta in contrada Ciammartita a Trappeto. E qui si è aperto un nuovo fronte investigativo. La villa divenne luogo di summit. Palazzolo ha riferito di avervi incontrato “Brusca, Bagarella, Riina, Agate e molti altri mafiosi trapanesi”.