PALERMO – “Condannate Giuseppe Liga a 20 anni e sei mesi”. Il procuratore generale chiede la conferma della pena inflitta in primo grado all’architetto, indicato come l’erede del capomafia di San Lorenzo Salvatore Lo Piccolo.
“Sono vittima di un equivoco”, disse Liga in un’intervista esclusiva pubblicata sul mensile S pochi giorni prima dell’arresto. Il suon nome saltò fuori, per la prima volta, tra le carte che i poliziotti trovarono a Lo Piccolo, il giorno dell’arresto nel covo di Giardinello. Una valigetta piena di nomi e cifre. Fra queste era annotata la frase “Architetto Liga 10.000”. Un anno dopo, nel 2008, un’intercettazione effettuata durante le indagini che portarono all’operazione Perseo dei carabinieri, avrebbe chiarito il suo ruolo. “A Tommaso Natale chi c”è?”, chiedeva il boss di Bagheria Pino Scaduto a Giovanni Adelfio, Antonino Spera e Sandro Capizzi, gli uomini di Santa Maria di Gesù che facevano la conta dei capomafia per organizzare la nuova Cosa nostra. La risposta fu chiara: era l’architetto Liga il referente nel feudo che era stato dei Lo Piccolo.
Poi arrivarono le dichiarazioni di una sfilza di pentiti, fra cui Marcello Trapani, un tempo avvocato dei Lo Piccolo. Tutti lo descrivevano non solo come l’erede ma pure come la mente economica dei boss di San Lorenzo. L’architetto e’ detenuto nel carcere di Opera e soffre di seri disturbi cardiaci.
Il 30 ottobre toccherà all’avvocato Armando Zampardi cercare di fare valere le ragioni della difesa contro le accuse di associazione mafiosa ed estorsione. Poi, la sentenza.