CATANIA. Associazione mafiosa, rapina, detenzione e spaccio di stupefacenti. Sono questi i capi di imputazione contestati, a vario titolo, dalla Procura di Catania ad Alessandro Siligato, Alfio Patanè e Pietro Galasso, imputati nel processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta Kallipolis. Un’attività investigativa, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catania, che ha colpito duramente il clan Brunetto, operativo soprattutto nella fascia ionica tra i comuni di Giarre e Giardini Naxos. Un controllo capillare del territorio esercitato, secondo l’accusa, anche con l’imposizione dei buttafuori nei locali. Nelle prossime udienze, fissate per il 13 ed il 20 febbraio, davanti al gup Daniela Monaco Crea, si concluderanno le arringhe difensive. Il sostituto procuratore Giuseppe Sturiale ha chiesto per Alessandro Siligato, ritenuto un fedelissimo di Salvatore Brunetto, una condanna a 10 anni e 8 mesi, mentre sono 8 gli anni di carcere chiesti per Alfio Patanè e Pietro Galasso. Già discusse nelle precedenti udienze le posizioni di Salvatore Brunetto, per il quale l’accusa ha chiesto una pena a 10 anni per associazione mafiosa, e di Paolo Patanè, per il quale sono 9 gli anni chiesti per associazione mafiosa e rapina. Intanto il 9 febbraio si aprirà il processo anche per gli 11 imputati che hanno optato per il rito ordinario. Tra loro spicca il nome di Pietro Carmelo Olivieri, ritenuto il reggente del clan Brunetto dopo la prematura scomparsa del boss Paolo Brunetto.
LE ARRINGHE. Sono stati i legali Ernesto Pino e Michele Pansera, difensori di fiducia di Salvatore Brunetto, i primi a discutere dopo la requisitoria del pm. Questioni prettamente tecniche quelle affrontate dall’avvocato Pino, che ha chiesto l’assoluzione per il proprio assistito ed in subordine l’applicazione della cosiddetta permanenza del reato. Anche Pansera ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Secondo il legale, infatti, nessun atto del procedimento, né le dichiarazioni dei collaboratori né le intercettazioni, proverebbe la partecipazione del proprio assistito all’associazione nel periodo contestato.
Non avrebbe rivestito, invece, alcun ruolo all’interno della presunta organizzazione Paolo Patanè, secondo il difensore Cristofero Alessi. Questo il nocciolo dell’arringa del legale, che ha evidenziato come al proprio assistito non venga contestato, per l’appunto, alcun reato fine. Anche dalle intercettazioni, ha concluso il legale chiedendo l’assoluzione del proprio assistito, non emergerebbe alcun ruolo attivo all’interno della presunta organizzazione.