PALERMO – Era spietato e affidabile. Almeno così lo descrive un collaboratore di giustizia. “Mi raccontavano che aveva ucciso una persona in macchina con le calze”, racconta il pentito Antonino Pipitone. “Quali calze?”, chiede il pubblico ministero Roberto Tartaglia. E Pipitone chiarisce: “I calzini dei piedi”.
Qualcuno avrebbe strangolato un uomo. Quel qualcuno, secondo il collaboratore di giustizia, ha un nome e un cognome: Giuseppe Lo Cascio. Che di omicidi ne avrebbe commesso due. Delitti che, però, la Procura non gli può contestare. Il solo racconto del collaboratore non basta. E in ogni caso sono dichiarazioni, come sempre, da verificare.
Emergono storie del passato. Orrore su orrore. Pochi giorni fa si è fatta luce, diciassette anni dopo, sull’omicidio di Giampiero Tocco, rapito sotto gli occhi della figlia, interrogato da Salvatore Lo Piccolo e ucciso. Il boss di San Lorenzo, condannato per il delitto assieme ad altri con sentenza definitiva, lo riteneva responsabile della morte di Peppone Di Maggio, figlio del capomafia di Cinisi. Lo Piccolo ordinò che Tocco venisse rapito da un commando di finti poliziotti.
La settimana scorsa sono state arrestate quattro persone: Ferdinando Gallina, Vincenzo e Giovan Battista Pipitone, e Salvatore Gregoli. Decisive le dichiarazioni del neo pentito Nino Pipitone che in un verbale piazza Lo Cascio nella macchina dei finti poliziotti che inscenarono il posto di blocco. Chi è lo Cascio? Considerato uomo d’onore, attualmente detenuto per mafia, è cugino di Giulio Caporrimo, boss di San Lorenzo e pezzo grosso della mafia palermitana. Di recente Caporrim è stato scarcerato dopo avere scontato una lunga condanna. “Mio cugino, mio cugino”, diceva spesso Caporrimo quando c’era da affidare qualche delicato compito. Una testimonianza della stima che lo legava a Lo Cascio al di là della parentela.
Prima di essere arrestato Lo Cascio faceva il panettiere a Partanna Mondello. Pipitone lo definisce il ragazzo del panificio. Anche lui avrebbe partecipato al rapimento di Tocco: “… perché erano tutti armati e hanno fatto un posto di blocco, un vero e proprio posto dì blocco, ecco”. Il 17 marzo scorso il pm Tartaglia, che coordina le indagini assieme ad Annamaria Picozzi e Amelia Luise, chiede al pentito se Lo Cascio abbia commesso altri delitti. “Sì ho sentito parlare una volta a mio zio Vincenzo e Salvatore Lo Piccolo di stu Giuseppe Lo Cascio – mette a verbale – che era una persona molto valida perché mi raccontavano che aveva ucciso una persona in macchina con le calze… i calzini dei piedi…”.
Sa per quali ragioni è stato commesso l’omicidio? “No, no”. Conosce il nome della vittima? “Nomi di vittime non ne abbiamo fatto, si parlava di… cioè esaltavano stu ragazzo che aveva fatto sta operazione, ecco.”. ? Ricorda chi ordinò il delitto? “Presumo i Lo Piccolo perché una volta che sono loro i capimandamento… Giuseppe Lo Cascio dipende pure da loro…”.
Le indagini proseguono. Su questo e su altri omicidi, commessi e solo ideati. Su alcuni, grazie a Pipitone, si è già fatta chiarezza.