Come salvare la Sicilia che verrà | Il banchiere Maiolini ha una ricetta - Live Sicilia

Come salvare la Sicilia che verrà | Il banchiere Maiolini ha una ricetta

Che cosa fare per la Regione. I consigli del presidente di Banca Igea a chi vincerà le elezioni.

Con una serie di interviste che ci accompagneranno fino alle prossime elezioni regionali, abbiamo chiesto a esperti, manager, alti burocrati, esponenti della società civile, di indicare al governo che verrà le priorità sulle quali intervenire. Oggi i suggerimenti arrivano da Francesco Maiolini, da anni uno dei manager più importanti nel campo del credito. Già tra i dirigenti più influenti del Banco di Sicilia, negli anni della fusione con Sicilcassa, fu chiamato a guidare in Sicilia la nuova creatura di “Banca Nuova” che fece registrare una diffusione immediata nell’Isola. Dopo l’addio all’istituto che faceva capo alla Popolare di Vicenza, la nuova avventura con Banca Igea, istituto che ha già attratto soci molto prestigiosi.

PALERMO – “Autorevoli e recentissime indagini statistiche descrivono una Sicilia nella quale quattro persone su dieci vivono in uno stato di povertà o sono a rischio di esclusione sociale. Chiunque vincerà le elezioni non potrà non occuparsi innanzitutto di questa emergenza”. Abbiamo chiesto a Francesco Maiolini, da manager del credito, una ricetta al futuro governo: “Misure immediate di sostegno al reddito, incentivi alla nuova occupazione, coinvolgimento e valorizzazione dei dipendenti regionali e ….riapertura del Parco d’Orleans”.

Ci chiarisca meglio, Lei vorrebbe richiamare gli uccelli del Parco, quelli per i quali in questi anni è stata portata avanti una battaglia anche legale tra il governo uscente ed i vecchi custodi?

“Sì, ovviamente la mia è una provocazione. Ma fino a un certo punto. Non solo oggi Palermo è privata di un luogo che una volta era bellissimo, ma questa storia è anche, a suo modo, un simbolo di ciò che è accaduto in questi anni”.

In che senso? 

“Nel senso che è l’immagine della ‘furia’, della ricerca del provvedimento eclatante. Ma spesso, al di là di queste sortite, si è costruito poco e niente. Alla Sicilia non servono provvedimenti-shock e non basta portare ogni giorno le carte in Procura, ma sono necessari progetti graduali, che convincano gli stessi siciliani della necessità di un cambiamento. A partire dai dipendenti regionali…”

Che sono tanti…

“… ma che sono stati troppo spesso dileggiati, offesi, considerati scarsi. Io invece alla Regione ho conosciuto professionalità di altissimo livello. Ma le persone vanno coinvolte, motivate”.

E allora, messaggio a chi verrà, se la priorità è contrastare la povertà dove bisognerà intervenire? Bisognerà ricorrere al solito, antico assistenzialismo?

“Gli strumenti assistenziali ovviamente nel medio o lungo termine sono inutili. Ma intanto c’è un’emergenza da affrontare e ricorrere a strumenti di welfare come il reddito minimo di inclusione, oggi è quantomai necessario. Nel frattempo bisognerà creare le condizioni perché una crescita possa fondarsi su aspetti strutturali, destinando tutte le risorse residue allo sviluppo di nuove imprese e di nuova occupazione”.

Come si fa però a finanziare un nuovo programma di welfare in Sicilia, in questi anni di vacche magrissime?

“Io credo che una parte dei soldi possano essere trovati dai tagli alla spesa inutile. Penso infatti che in questa direzione abbiano fatto davvero poco i governi che si sono succeduti in questi anni. C’è ancora molto da tagliare”.

Chi è al governo invece racconta di un bilancio ormai ridotto all’osso…

“Non voglio disconoscere alcuni passi avanti registrati soprattutto nel contrasto alla corruzione. Ma io penso a cosa non è stato fatto con le Province, mai chiuse davvero. Penso alle Partecipate dove i tagli sono stati davvero minimi. Penso all’integrazione di Irfis, Ircac e Crias di cui si parla da venti anni. Penso ai costi della politica regionale, ormai incompatibili con le difficoltá che ogni giorno affrontano le famiglie. Perché non troviamo il coraggio di abolire finalmente i gabinetti degli assessorati?  E vado oltre: non si era parlato dell’accorpamento dei Comuni? A Salina, solo per fare un esempio, i Comuni sono tre. Credo che lo spazio per tagliare ancora ci sia. E in una Regione come la Sicilia, anche un risparmio di cento milioni diventa una cifra enorme. Penso poi alla Formazione…”

Crocetta rivendica di aver ridotto drasticamente i costi del settore.

“Ma io non lo discuto. Solo che quei soldi li userei diversamente. Li destinerei direttamente e semplicemente alle imprese che si dimostrino disponibili ad assumere con contratti di apprendistato”.

Il problema dell’occupazione giovanile, insomma, altra zavorra dell’Isola…

“Sostenere la nascita di una nuova imprenditoria affidata ai giovani è un atto dovuto. Penso anche ad alcune cose buone che sono state fatte, come il contributo per le start-up. Del resto, io penso che in Sicilia dovrebbe essere rilanciata con gli opportuni correttivi  la legge 488’: la legge del ‘92 che garantiva fondi agevolati alle imprese. È stata abolita in fretta ma le poche aziende vere nate in Sicilia negli ultimi 20 anni ne hanno beneficiato. È un fatto”.

Quali sono allora i settori nei quali si può puntare? Da dove potrebbe o dovrebbe ripartire l’Isola?

Strategicamente investirei su quei settori che fanno della Sicilia una terra invidiata in tutto il mondo. L’agricoltura, il turismo ed i beni culturali. Dobbiamo incentivare lo sviluppo ed il consolidamento delle imprese  e degli Enti che operano in questi settori. In questa logica é doveroso un plauso al governo regionale per  aver recentemente creato un fondo per la ristrutturazione del debito dei teatri siciliani. Ma per dare risposte immediate sul piano dell’occupazione bisogna rilanciare  le opere pubbliche che potrebbero fare da volano per almeno tre-cinque anni”.

In Sicilia dovrebbe decollare il “Patto per il Sud”, il progetto milionario per gli investimenti. La convince?

“Penso purtroppo che il dibattito nazionale sulla Sicilia vada distinto in due fasi: quella prima delle elezioni, in cui si promette anche la luna, e quella dopo le elezioni. Ma sono certo che chi guiderà la Sicilia, se non cadrà in contraddizione con le aspettative dei cittadini, potrà reclamare finalmente la giusta attenzione del governo nazionale”.

Tutte queste cose si tradurrebbero in una (vera) rivoluzione, anche mentale, culturale. Eppure, anche in questa tornata elettorale sembrano ripresentarsi sempre le stesse facce e gli stessi nomi. Lei pensa che la stessa politica che queste cose non le ha mai fatte, possa realizzarle adesso?

“Credo invece che rispetto al passato molte cose siano cambiate. E tra i candidati a guidare la Sicilia vedo figure particolarmente autorevoli. Inoltre le tradizionali clientele non sono più così consistenti anche grazie all’impegno della magistratura e delle forze dell’ordine. Ci sono quindi le condizioni finalmente perché la politica in Sicilia rappresenti una risorsa decisiva per il cambiamento.”


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