Cadde dalla barella al Civico | Assoluzione per un medico - Live Sicilia

Cadde dalla barella al Civico | Assoluzione per un medico

L'avvocato Fabrizio Lanzarone

Presunto caso di malasanità. Definitiva l'archiviazione per un chirurgo. Altri tre imputati ancora sotto processo.

PALERMO – La sentenza di assoluzione è ormai irrevocabile. Giuseppe Montalbano, medico del reparto di Chirurgia vascolare dell’ospedale Civico, nulla c’entra con un presunto caso di malasanità che destò scalpore a Palermo.

Vito Di Benedetto cadde dalla barella mentre era ricoverato. Era entrato in sala operatoria per una stenosi carotidea e si era risvegliato dall’anestesia con il bacino e il femore rotti. Sei anni dopo porta ancora i segni della caduta. Fatica a camminare. Lui che quando faceva il barista restava in piedi per ore.

Sotto processo sono finiti medici, infermieri e barellieri. Il dibattimento è ancora in corso. La scelta di essere processato con il giudizio abbreviato ha separato la posizione di Montalbano, difeso dall’avvocato Fabrizio Lanzarone, dal troncone principale del processo. L’assoluzione conferma che non ci sono ombre nell’operato del medico che, come aveva sostenuto il difensore e come scrive ora il giudice “non ha partecipato all’intervento chirurgico e iniziava il suo turno solo alcune ore dopo il rientro in reparto del paziente”.

Montalbano è il medico che visitò Di Benedetto subito dopo l’intervento: “Non risulta che abbia alzato o spostato il paziente. L’adozione di barelle o letti di sala operatoria muniti di particolari dispositivi anticaduta non è di certo attribuibile all’odierno imputato, privo all’evidenza del potere di gestire le risorse dell’ospedale e di disporne”.

Ed è stato pure escluso che Montalbano avrebbe dovuto accorgersi della frattura: “La visita era finalizzata a valutare lo stato di coscienza del paziente (era sveglio e collaborante) e nella verifica della motilità degli arti superiori ed inferiori per accertare che non vi fossero complicanze neurologiche, come indice di integrità cerebrale. Montalbano chiedeva al paziente di alzare le mani e sollevare alternativamente i due arti inferiori. Lo faceva senza difficoltà e non lamentava alcun dolore”.

Dunque, la visita, fu accurata e Montalbano non era neppure in condizione di “accorgersi dell’ematoma di rilevanti dimensioen del paziente… non era in possesso di dati tali da sospettare che il di benedetto avesse subito la frattura all’anca”.

Per un imputato che esce dal processo, per altri il giudizio è ancora pendente in Tribunale. Sotto processo ci sono Gabriele Ferro, chirurgo vascolare, Matteo Grifò, l’infermiere che era in sala operatoria il giorno dell’intervento, e Giacomo Musicò, barelliere. Per loro il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione respinta dal giudice per l’udienza preliminare. Una richiesta di archiviazione che si basava non sull’esclusione della responsabilità, ma sull’impossibilità di individuare chi avesse provocato la caduta. Per anni l’incidente è rimasto un mistero ben custodito fra le corsie del reparto di Chirurgia Vascolare dell’ospedale Civico. Nessuno ha visto qualcosa.

Nella causa civile per il risarcimento dei danni, intentata dal legale di Di Benedetto, l’avvocato Enrico Tignini, la direzione dell’ospedale ha sostenuto che “il paziente è andato incontro a una frattura spontanea, verificatasi a causa di contrazioni tonico-cloniche seguite da perdita di coscienza con caratteri di una crisi convulsiva generalizzata; frattura che il paziente non può certamente ricordare perché privo di coscienza”. Insomma, sarebbe caduto da solo.


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